Che la Scozia custodisca migliaia di tesori dal valore inestimabile è un dato di fatto. Ma che tra di essi ci sia un arcipelago con la più alta concentrazione di siti preistorici di tutta Europa ecco, questo è meno noto. Che alcuni di questi siti siano ancora più antichi delle celeberrime Piramidi di Giza o, per rimanere sul suolo britannico, di Stonehenge, è davvero una sorpresa per molti. Non è conosciuto tanto quanto merita “the Heart of Neolithic Orkney“, il cuore delle Orcadi neolitiche, patrimonio mondiale Unesco dal 1999 che riunisce costruzioni in pietra di varia natura risalenti ad oltre 5000 anni fa.
Sarà che tocca faticare un pochino per raggiungere uno degli arcipelaghi più remoti di Scozia se ci si vuole ritrovare al cospetto di villaggi e megaliti immersi in un contesto a dir poco idilliaco. Fatica sempre e comunque ripagata, nonostante spesso si debba fare i conti con un meteo un tantino bizzoso. Non sono in troppi a spingersi a queste latitudini, privandosi così della fortuna di ammirare uno straordinario pezzo di storia in quel piccolo angolo di paradiso chiamato Mainland, l’isola principale. E forse sì, non sono neanche pubblicizzate tanto quanto meritano le Orcadi, ma è doveroso cercare di preservare ciò che nel corso di 5000 anni è riuscito in qualche modo ad arrivare fino a noi. Con tanto ancora da scoprire (gli scavi non si fermano mai) ed altrettanti misteri da svelare.
Sono quattro i siti che rappresentano il cuore delle Orcadi neolitiche e si trovano a poca distanza gli uni dagli altri:
- il villaggio di Skara Brae
- Maeshowe, tomba a tumulo
- Ring of Brodgar
- il cerchio di pietre di Stenness
Per non farsi mancare niente, in giro per l’arcipelago ci sono molti altri reperti di epoche appena più recenti, come ad esempio il Broch of Gurness, villaggio risalente all’età del ferro sviluppatosi intorno ad una torre circolare fatta in pietra. Non è l’unico esempio, ma è di certo quello più conosciuto.
Un itinerario sulle isole Orcadi non può che partire da questi cinque luoghi iconici. Scopriamoli insieme uno ad uno.
The Heart of Neolithic Orkney
Il villaggio di Skara Brae
Tra i siti risalenti al Neolitico, il più iconico è il villaggio di Skara Brae. Ciò che accennavo sopra, ovvero di come le sue origini siano ancora più remote rispetto monumenti come le piramidi del Cairo o le pietre di Stonehenge, è sottolineato a più riprese lungo il bucolico percorso con vista Skaill Bay che unisce il Visitor Center ai sorprendenti resti del più completo villaggio neolitico di tutta Europa. Il filo comune che lo accomuna ai suoi “fratelli” orcadiani è il massiccio utilizzo di pietra, materiale durevole e facilmente reperibile a differenza del legno, visto che da queste parti di alberi se ne sono sempre visti pochi. Gli abitanti di Skara Brae infatti non si limitarono alla pietra per le strutture delle proprie abitazioni, ma la impiegarono altrettanto bene per l’oggettistica, i complementi di arredo e gli arredi.
Prima di immergersi in tutto ciò che il villaggio ha da offrire, consiglio di iniziare l’esplorazione dal breve percorso interattivo adiacente alla biglietteria, che spiega sia attraverso un breve filmato che attraverso reperti e divertenti quiz come si viveva all’interno della comunità di Skara Brae. Non solo. Uscendo dal fornitissimo negozio in direzione scavi si passa attraverso la fedele ricostruzione della casa #7, ovvero quella che meglio delle altre si è conservata e che proprio per questa ragione è stata resa del tutto inaccessibile ai visitatori, ai quali non è consentito dare neanche un’occhiata agli interni da lontano. Non dimentichiamoci che il meteo da queste parti può essere piuttosto violento, e con l’oceano a pochi metri il rischio di danni irreparabili è molto alto. Anche se paradossalmente il merito del rinvenimento del villaggio va dato proprio ad una tempesta! Correva l’anno 1850 ed il vento stava soffiando così forte da far riemergere dalla sabbia i profili di alcuni edifici; la curiosità del signore del posto, William Watt di Skaill, fece il resto, anche se gli scavi da lui avviati si conclusero solo nel 1930.
Tornando alla casa #7, l’eccellente lavoro fatto con la riproduzione lascia poco spazio alla fantasia. Si accede attraverso un corridoio stretto e basso, proprio come quelli che collegano tra loro le varie abitazioni; l’interno è arredato di tutto punto e rigorosamente in pietra, corredata di qualche finta pelle per rendere l’idea di come fossero organizzati gli abitanti di Skara Brae oltre 5000 anni fa.
Davvero fantastico, anche se nulla può avvicinarsi all’emozione che si prova al cospetto dei resti del villaggio neolitico con i dolci profili della collina che proteggono scorci di vita preistorici e con la baia di Skaill a fare da sfondo, il rumore delle onde e l’ululare del vento che cullano l’immaginazione. Un tesoro inestimabile da preservare a tutti i costi. Ecco perché oggi è impensabile passeggiare liberamente tra le nove case come si faceva in passato, al contrario bisogna seguire un percorso circolare che rispetta la conformazione del sito ed aiuta a non rovinarlo. Comprensibile e doveroso, per un’esperienza indimenticabile.
Visitare Skara Brae: orari, biglietti ed informazioni generali
Il villaggio di Skara Brae è aperto tutto l’anno, ma variano gli orari dall’alta alla bassa stagione.
Dal 1 di aprile al 30 settembre si accede dalle 9.30 alle 17.30, con l’ultimo ingresso alle 16.45. Dal 1 ottobre al 31 marzo si scorcia un po’, dalle 10 alle 16 ed ultimo ingresso alle 15.30. Gli unici giorni di chiusura sono dal 25 al 27 dicembre e dal 1 al 3 gennaio, più eventuali chiusure straordinarie indipendenti dalla volontà di Historic Environment Scotland.
Tra un periodo e l’altro cambia leggermente anche il prezzo, visto che in orario “estivo” il biglietto (costo 11£ se acquistato online, contro le 9£ dell’ “invernale”) include la visita della Skaill House, residenza signorile del XVII secolo poco distante che appartenne tra gli altri al già menzionato William Watt. Consiglio di acquistare l’ingresso a Skara Brae online con un po’ d’anticipo, soprattutto se si viaggia in estate. I turni di visita sono di 30 minuti e per un massimo di 50 persone a turno, meglio non rischiare di rimanere a mani vuote (la biglietteria fisica ne vende solo se rimasti disponibili dopo la vendita online) e tornare a casa con un rimpianto enorme.
Oltre alla biglietteria, il negozio di souvenir e il museo interattivo, il Visitor Center ospita una caffetteria dove si può consumare anche un pranzo veloce.
Ring of Brodgar
Una manciata di chilometri a sud-est di Skara Brae, stretta tra Loch of Stenness ed il Loch of Harray, si trova una striscia di terra dove gli archeologi hanno rinvenuto un numero impressionante di reperti risalenti al Neolitico, soprattutto megaliti ma anche ceramiche, attrezzi in pietra ed ossa. La zona, Ness of Brodgar, è perennemente sottoposta a scavi dal 2003 (accessibili al pubblico solo in determinati giorni in luglio ed agosto) ed è qui che si trovano i due incredibili cerchi di pietre che rientrano a pieno diritto nel Heart of Neolithic Orkney.
Ring of Brodgar è il terzo cerchio di pietre più esteso del Regno Unito dopo quelli di Avebury e Stanton Drew, entrambi nel sud dell’Inghilterra. Nell’immaginario collettivo è forse il monumento che più degli altri rappresenta le isole Orcadi, e come potrebbe essere altrimenti? I 27 megaliti giunti fino a noi (in origine erano 60) sono distribuiti in un cerchio perfetto dal diametro di ben 104 metri circondato da un fossato, in un contesto davvero suggestivo. Se poi si è così fortunati da visitarli durante un tramonto senza nuvole, l’esperienza assume quei tratti mistici che convinsero gli uomini del Neolitico ad affrontare l’immane sforzo di sistemare enormi pietre (di cui una spaccata, che fa molto Outlander) su quella collinetta sulla riva del lago tra i 2500 ed i 2000 anni prima della nascita di Cristo.
Il fatto che ancora oggi non si possa dire con certezza come mai venne costruito lo rende ancora più magico. C’è chi sostiene che dietro ci siano ragioni di carattere astrologico legate all’osservazione del solstizio e dell’equinozio, chi invece lo considera una sorta di santuario religioso dove venivano svolti rituali ben precisi. La più piccola ed isolata Comet Stone, ad un centinaio di metri dal cerchio, sembra far propendere per la seconda ipotesi, in quanto allineata con l’entrata sud-est del Ring of Brodgar e verosimilmente coinvolta in un’ipotetica processione che lo univa alle Stones of Stenness.
Tanti interrogativi ancora senza una risposta, che chissà se arriverà mai. Questa “mancanza” di certo non va a scalfire l’importanza del sito ed il suo ruolo unico non solo nella storia delle Orcadi, ma anche nell’immaginario collettivo. Nella mia personale classifica dei cerchi di pietre più suggestivi di Scozia, probabilmente si piazzano al secondo posto dietro quelli di Machrie Moor sull’isola di Arran.
Visitare il Ring of Brodgar: orari ed informazioni su visite guidate
Il Ring of Brodgar si trova lungo la B9055 ed è facilmente individuabile ad occhio nudo arrivando da entrambe le direzioni.
È vietato lasciare il proprio veicolo sul ciglio della strada anche se si intende fare una visita lampo o scattare foto al volo, bisogna usufruire dell’apposito parcheggio che si trova a circa 400 metri (da coprire a piedi) a nord del cerchio. All’inizio del breve percorso ci sono una serie di pannelli che spiegano in breve la storia del sito, preparando alla visita con i monoliti che spuntano sullo sfondo. Insieme ai posti per le auto ci sono anche quelli per i pullman, lasciando intendere che in alta stagione può essere piuttosto affollato.
Fortunatamente non ci sono orari, l’accesso (gratuito) alla collina è 24 ore su 24, per cui l’ideale è andare la mattina sul presto o optare per l’ora del tramonto mettersi l’anima in pace se non siete stati gli unici ad avere quest’idea. Si taglia la testa al toro viaggiando in bassa stagione, noi siamo andati nel pomeriggio ma in giro c’era giusto una manciata di persone.
Poiché il meteo alle Orcadi è birichino quasi di più che nel resto della Scozia, raccomando di portarsi sempre se non indosso, almeno dietro un paio di scarpe waterproof, perché il cerchio sorge su un terreno piuttosto paludoso e ricco di erica, che in caso di pioggia può diventare un vero e proprio pantano. Raccomando anche di seguire il percorso indicato, a maggior ragione se certe zone sono inaccessibili.
Da segnalare una bella iniziativa del National Environment Scotland, che mette a disposizione un ranger per un tour gratuito del sito della durata di un’ora che parte dal parcheggio. In bassa stagione la frequenza è di solito di un giorno a settimana, il giovedì alle 13, mentre da metà maggio a metà settembre l’appuntamento diventa quotidiano. Consiglio di monitorare il portale Orkney.com per tutti gli aggiornamenti.
Stones of Stenness
Proseguendo verso sud, subito dopo aver attraversato il ponte in cui i due laghi si sfiorano, troviamo l’altro cerchio di pietre facente parte dell’eredità preistorica delle Orcadi, ovvero le Stones of Stenness. La vicinanza con il Ring of Brodgar farebbe pensare che i due siti siano stati eretti più o meno in contemporanea e di conseguenza abbiano tratti comuni, quando in realtà i megaliti di Stenness risalgono ad almeno 600 anni prima, addirittura al 3100 a.C.
Delle 12 (o forse 10) pietre originarie, qui disposte come a formare un ellisse, soltanto 4 sono giunte fino a noi in tutta la loro maestosità, visto che la più alta misura ben 6 metri. Anch’esse erano circondate da un fossato oggi non visibile, perché il terreno qui è fertilissimo e per millenni si è preferito coltivare invece che preservare. Comprensibile, mettendosi nei panni degli uomini del Neolitico e delle ere successive…
Sarà anche per questo che le Stones of Stenness non sono mai “da sole”, ma sempre circondate da dolci pecorelle che brucano felici a tutte le ore del giorno? Non sono le sole guardiane in realtà, in quanto proprio all’imbocco del ponte tra i due laghi si erige un enorme pietra solitaria (di quasi 6 metri di altezza) che sembra vegliare sul cerchio; si è scoperto che in origine aveva una compagna, o forse era pure lei parte di un cerchio andato perso con l’innalzarsi del livello delle acque del Loch of Stenness. Misteri su misteri che riguardano, manco a dirlo, pure le pietre di Stenness, il cui scopo è ancora oggi sconosciuto proprio come per il Ring of Brodgar. Di certo sappiamo che c’era solo un punto di accesso e che si trovava nella parte nord, proprio in direzione del villaggio neolitico chiamato Barnhouse Settlement, una sorta di Skara Brae sulle rive del Loch of Harray.
Visitare le Stones of Stenness: orari ed informazioni sui tour guidati
L’area occupata dalle Stones of Stenness è piuttosto ristretta e facilmente accessibile dal piccolo parcheggio che si trova proprio all’esterno del recinto che le circonda. Recinto e cancelletto sono lì per non far scappare le pecore, ormai parte del sito quasi quanto i monoliti. Anche in questo caso l’accesso è possibile 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno, e a differenza del Ring of Brodgar non c’è segnalato un percorso specifico da seguire, non ci sono aree paludose né erica che cresce a profusione. Magari c’è da buttare un occhio ai bisognini dei cari animaletti per cercare di non calpestarne troppi.
National Environment Scotland offre dei tour gratuiti con i suoi ranger che coinvolgono sia il cerchio che il villaggio di Barnhouse, della durata totale di un’ora. In bassa stagione il giorno prestabilito è il mercoledì alle 10 di mattina, ma di nuovo da metà maggio a metà settembre l’appuntamento diventa quotidiano. Continua a monitorare il portale Orkney.com per tutti gli ultimi aggiornamenti.
La tomba a tumulo di Maeshowe
Di tutti e quattro i siti facenti parte del “cuore neolitico delle Orcadi”, quello che mi ha più emozionato è quello che dall’esterno rivela poco o niente della magia che invece cela al suo interno. Un apparentemente insignificante cumulo di terra ricoperto d’erba nasconde infatti uno dei sepolcri più incredibili d’Europa. Ciò che rende Maeshowe così speciale è il mix perfetto tra la sua storia più remota e ciò che è stato “aggiunto” millenni dopo dai conquistatori vichinghi. Ed ancora una volta, dal non sapere tanto quanto vorremmo. Partendo proprio dal quesito più basilare: se è una tomba a tumulo, dove sono i resti umani? In tempi moderni si è riusciti a rinvenire soltanto ossa di cavalli e di qualche pecora (apparentemente uno dei pochi animali che l’evoluzione non sa nemmeno cosa sia), le uniche umane di cui si ha notizia appartennero brevemente ad un abitante della zona che le lasciò sul suo carro per non ritrovare nulla al suo ritorno.
Non che sulle Orcadi l’argomento crematura e sepoltura sia mai stato di facile risoluzione. I pochi alberi presenti sono stati tagliati millenni or sono, tanto da lasciare già gli uomini del Neolitico a dover fronteggiare l’assenza di legno, che come conseguenza ha avuto l’uso massiccio della pietra. L’impossibilità di bruciare i cadaveri e la quasi assenza di resti umani in tutto l’arcipelago ha portato gli studiosi a pensare che i corpi venissero affidati al mare. Tuttavia non c’è dubbio che Maeshowe fosse una tomba, chiaramente di qualche personaggio di grande spicco che non si meritava di finire negli abissi ma che al contrario era degno di questo capolavoro di ingegneria ed astrologia preistorica.
Costruita intorno al 2700 a.C. e circondata da un fossato ricavato successivamente, dagli scavi sembra essere sorta su una struttura precedente ed aver inglobato le quattro pietre di un cerchio che oggi sostengono ancora la camera centrale. Attorno ad essa si sviluppano altre tre camere laterali ricavate all’interno delle spesse mura. Come se il tutto non fosse già abbastanza affascinante, sono le enormi pietre arenarie che definiscono ogni lato del basso corridoio d’accesso ad impressionare di più; dei veri e propri megaliti che arrivano fino a 10 metri di lunghezza e che durante il solsizio d’inverno si lasciano per qualche giorno appena accarezzare dai raggi del sole, che su di essi si rifletttono per andare ad illuminare perfettamente la parete posteriore della camera centrale. Poesia allo stato puro.
Come se ciò non bastasse, durante gli scavi del 1861 gli archeologi si trovarono davanti ad un’altrettanto grandiosa scoperta che indicava come non fossero stati i primi ad entrare a Maeshowe dal Neolitico. Le numerose rune incise sulle pareti di pietra del sepolcro rivelavano infatti l’incursione dei vichinghi, che nel XII secolo forzarono l’ingresso per ripararsi da una tempesta e, pare, scovare chissà quale tesoro. In realtà ne hanno lasciato loro uno, inestimabile, a noi: un’enorme collezione di incisioni rupestri (30, tra cui il famoso “leone di Maeshowe“) e un bello spaccato di quanto potessero essere pettegoli, vanitosi e pure un po’ maschilisti. Una delle rune menziona addirittura il leggendario Ragnar Lothbrok! Il sito viene nominato anche nella norrena “Saga degli uomini delle Orcadi”, che racconta della prima conquista delle Orcadi da parte della Norvegia. Per chi fosse interessanto, si può acquistarne una copia ricordo presso il Visitor Centre.
Visitare Maeshowe: orari, costo ed informazioni sui tour
Non è possibile accedere alla tomba a tumulo di Maeshowe in autonomia. Inoltre l’equilibrio all’interno dei sito è troppo delicato e lo spazio troppo angusto per permettere a gruppi numerosi di visitarlo. Ragione per cui si limita l’ingresso a 16 persone alla volta, sempre accompagnate da una guida super esperta capace di spiegare nel migliore dei modi l’importanza di ciò che ci troviamo davanti. Ti auguro di trovare Rob, che ha reso l’esperienza ancora più indimenticabile grazie alla sua ironia e alla grande competenza (addirittura traducendo buona parte delle rune!).
Trattandosi di uno dei punti di interesse più importanti delle Orcadi, prenotare in anticipo è cruciale per non rimanere a bocca asciutta, soprattutto in estate. Lo si può fare velocemente sul sito ufficiale di Historic Environment Scotland. Da tenere a mente che Maeshowe è sì aperto tutto l’anno, ma che in alta stagione (1 aprile – 30 settembre) ci sono 4 tour giornalieri, in bassa stagione appena 3. Il costo del biglietto d’ingresso per adulti è di 10£.
Il parcheggio si trova presso il Visitor Centre di Stenness (dotato di servizi igienici ed un fornitissimo negozio di souvenir) dal quale parte un minibus che accompagna nei pressi del sito, per questo bisogna presentarsi almeno 15 minuti prima dell’inizio della visita. La tomba a tumulo dista una manciata di minuti a piedi, tuttavia sono i pochi metri per raggiungere la camera centrale dall’esterno che potrebbero essere critici se si soffre di claustrofobia: occorre infatti accovacciarsi per riuscire ad entrare. Non è permesso scattare foto né tantomeno girare video all’interno.
Broch of Gurness, il villaggio risalente all’età del ferro
Il bello delle Orcadi sta anche nell’incredibile varietà di reperti appartenenti a qualsiasi era. Non ci si limita al Neolitico, ma si esplorano anche epoche successive. Ed immergersi nell’età del ferro attraverso il Broch of Gurness è l’ennesimo regalo che Mainland ci offre. La strada per raggiungere il sito, che si trova a pochi chilometri dal villaggio di Evie, è già di per sé straordinaria e ricopia nel suo ultimo tratto la St. Magnus Way; la vista sulla baia di Aikerness e sulla vicina isola di Rousay sarebbe una ragione sufficiente per affrontare il breve viaggio.
Il Broch, termine che deriva dal nome della torre centrale attorno alla quale si sviluppa il villaggio, risale al II/I secolo a.C. Le abitazioni in pietra ricoprivano interamente lo spazio tra la torre ed i fossati che agivano da sistema difensivo, ospitando una quarantina di famiglie. I reperti rinvenuti su Rousay confermano che tutta l’area era ricca di insediamenti simili, che tuttavia non ebbero vita lunga. Un paio di secoli al massimo prima di essere abbandonati e depredati di grossi quantitativi di pietra per nuove costruzioni. Nonostante questo, sono ancora visibili le camere sotterranee usate come serbatoio d’acqua, alcuni pezzi di arredamento e addirittura i bagni.
Sia i pitti che i norreni lasciarono il segno, i primi attraverso incisioni mentre i secondi con una tomba. Per quasi 1000 anni, ovvero fino agli scavi del 1929, del Broch of Gurness si persero le tracce; dobbiamo ringraziare Robert Rendall, poeta ed antiquario locale che nel tentativo di “liberare” la propria sedia dalla morsa del tumulo sotto di lui scoprì una scalinata che portò poi al disseppellimento del resto. Ma d’altra parte, come dicono gli orcadiani, si sa che “if you stick a spade into the ground, you’ll probably find an archaeological site” (se ficchi una vanga nel terreno, probabilmente troverai un sito archeologico)!!
Visitare il Broch of Gurness: orari e prezzi
A differenza dei siti appartenenti ad “il cuore delle Orcadi neolitiche”, il Broch of Gurness non è aperto tutto l’anno ma soltanto di sabato e domenica (9.30 – 17.30) da aprile a settembre compresi. Poco male in realtà, perché nei restanti giorni/mesi è liberamente accessibile, ma senza l’ausilio di guide e materiale informativo a disposizione. Non avevo ben chiaro questo punto, è stata per pura curiosità che mi sono spinta fino ad Evie e la sorpresa di trovare il cancello aperto quando poche ore prima Rob ci aveva detto che non ci sarebbe stato modo di entrare si è rivelata una graditissima sorpresa.
La visita è breve ed il poter passeggiare tra i resti delle abitazioni del Broch con vista Rousay è davvero impagabile. Consigliatissimo, anche senza bisogno di spendere le 7,50£ dell’ingresso.