Cosa vedere sulle isole Orcadi in quattro giorni

Le isole Orcadi non rientravano tra le zone della Scozia alle quali personalmente avrei dato la priorità. Siamo al quinto on the road e non abbiamo ancora messo piede su Skye! Skye, l’isola per cui la gente si fa sfacchinate pazzesche da Edimburgo anche solo per passarci una manciata d’ore. Ecco, era lì che sarei voluta andare stavolta: the isle of Skye insieme a Lewis & Harris, loro sì il mio vero sogno nel cassetto. Diciamo che la mia non così dolce metà, ovvero colui che spingeva per le Orcadi da mesi, ha giocato sul fatto che sarei comunque stata felice se la destinazione fosse stata la Scozia.  Mettici poi gli amici che hanno deciso di unirsi a noi entusiasti del programma et voilà, s’è convinta la Celeste.

Che alla fine se n’è tornata a casa con più di un rimpianto. Perché quattro giorni alle Orcadi si sono rivelati il minimo sindacale, soprattutto con un meteo bipolare. Vorrei raccontare della traversata da un’isola all’altra, della lunga ma meravigliosa passeggiata per raggiungere the Old Man of Hoy, delle camminate a filo scogliera per vedere se qualche puffin avesse deciso di deporre le uova con un po’ di anticipo. Ma mi ritroverei a fare una lista di “disavventure  metereologiche” che nemmeno sull’isola di Mull, quindi meglio lasciar stare e concentrarsi su cosa valga la pena vedere sulle Orkney rimanendo su Mainland. Voglio farlo condividendo l’itinerario che abbiamo seguito, concentrato quotidianamente su una specifica zona dell’isola principale o delle isolette ad essa collegate.

cerchio con tre pietre molto alte e delle montagne sullo sfondo

Cosa vedere alle Orcadi, il nostro itinerario

Itinerario del primo giorno: South Ronaldsay, Burray, Lamb Holm e Deerness

Il nostro primo giorno sulle Orcadi è coinciso con una domenica. Domenica + bassa stagione = quasi tutto chiuso, per questo avevo messo in programma l’isola di Hoy. Guardandomi bene dal prenotare il traghetto però, nel caso in cui il meteo si fosse rivelato inclemente. Detto, fatto. La nevicata notturna e mattutina, insieme ad un vento pazzesco e repentini cambi da sole a pioggia/neve, hanno fatto desistere persone non troppo abituate/allenate come noi all’avventurarsi in un trekking di oltre 10km. Poco male, è bastato anticipare l’itinerario del secondo giorno che prevedeva la parte sud e quella est. Facendo base a St. Mary’s, qualora il meteo fosse del tutto precipitato come succede spesso da queste parti, non avremmo dovuto guidare molto per rientrare.

E così abbiamo cominciato da una delle attrazioni principali delle Orcadi, ovvero le Churchill Barriers. Come rivela il nome, fu proprio il primo ministro britannico Winston Churchill ad ordinarne la costruzione, che venne portata avanti tra il 1940 ed il 1944 dalla ditta Balfour Beatty (ed oltre 1300 prigionieri di guerra italiani) con lo scopo difendere la baia di Scapa Flow, sede della base navale britannica. Non si tratta quindi di ponti, ma di vere e proprie barriere subacquee capaci di bloccare incursioni sottomarine degli eserciti nemici ed evitare tragedie come l’affondamento del HMS Royal Oak datato 1939. Dal 1945 le quattro causeways fungono anche da strade rialzate che collegano le isolette più a sud (South Ronaldsay, Burray, Glimps Holm e Lamb Holm) a Mainland. Inquietante, ma davvero interessante, ammirare i numerosi relitti di navi affondate a pochi metri di distanza.

segnale di pericolo con sullo sfondo il mare con dei relitti

Prigionieri di guerra italiani, dicevamo. Arrivati dritti dalla campagna del Nordafrica tra il 1942 ed il 1945 per la costruzione delle Churchill Barriers, vennero divisi tra i campi di prigionia di Burray and Lamb Holm. Vita decisamente dura la loro a quella latitudine, tanto che presto cominciarono a sentire l’esigenza di rendere quei luoghi un po’ più ospitali, utilizzando le moltiplici doti da artigiani che molti di loro possedevano. Ed è proprio grazie ad esse che prese forma uno degli aspetti che più mancava nelle loro vite, ovvero un luogo di culto.

La piccola Italian Chapel è tutto ciò che resta del Camp 60 a Lamb Holm ed è una testimonianza davvero commuovente. E non sto parlando del desiderio spirituale dei nostri connazionali di avere un posto dove poter pregare, quanto del modo in cui la chiesetta venne eretta, ovvero utilizzando materiali di fortuna: lamiere, filo di ferro, parti di navi dismesse o affondate. La mente, spesso anche braccio, ha il nome di Domenico Chiocchetti, già autore della statua di San Giorgio che sconfigge il drago che oggi si trova nel parcheggio antistante la cappella. A lui si deve non solo il progetto, ma anche la parte decorativa ricca di dipinti ed affreschi. Attenzione però, da novembre a marzo è accessibile al pubblico solo dalle 10 alle 13, mentre gli orari di apertura si allungano nei mesi primaverili ed estivi.

L’attrazione principale dell’isola di Burray è invece un museo, l’Orkney Fossil & Heritage Centre. Purtroppo per noi, apre le sue porte ogni anno a partire dal 1 aprile, ma da quanto ho letto vale la pena dedicargli del tempo per una visita.

piccola chiesa dalla facciata bianca e rossa accanto alla quale è piantata una croce

Le Churchill Barriers non sono di certo l’unica reminescenza del ruolo di primo piano che le Orcadi hanno avuto nelle due guerre mondiali. Basta spingersi sull’isola di South Ronaldsay e percorrere la penisola di Hoxa Head per ammirare ciò che resta del massiccio sistema difensivo costruito tutto intorno a Scapa Flow e di cui fanno parte la Hoxa Battery e la Balfour Battery. Punto assolutamente strategico e con vista eccezionale sulla baia e sulla vicina isola di Flotta, oggi importantissimo porto petrolifero (ci vuole un po’ per abituarsi alle immense piattaforme petrolifere che sembrano sbucare ad ogni angolo). Gli edifici rimasti sono piuttosto pericolanti, tanto che quelli della Hoxa Battery non sono nuovi a crolli; insomma, va bene guardare, ma senza avvicinarsi troppo.

Se i residui bellici proprio non ti interessano, vale comunque la pena arrivare fin qui anche solo per il piccolo villaggio di St Margaret’s Hope, porto di attracco dei traghetti della Pentland Ferries provenienti da Gills Bay, e soprattutto per le Sands of Wright, una piccola ma affascinante spiaggia ideale per godersi un po’ di pace e perché no, approfittare dei suoi bagni pubblici, comunque numerosi su tutta l’isola. Le diverse sfumature di blu del mare sono qualcosa di incredibile, nonostante il vento che continuava spietatamente ad increspare l’acqua. Davvero un piccolo angolo di paradiso.

piccola spiaggia con mare di molte sfumature di azzurro e blu sullo sfondo

Tra le ragioni per visitare la penisola di Deerness, ovvero la parte nord orientale di Mainland, c’è manco a dirlo l’alcol. Niente whisky stavolta, o almeno non per qualche anno ancora. La piccolissima Deerness Distillery si è infatti distinta per la qualità dei suoi gin, che vengono prodotti nello stesso spazio occupato dall’angolo degustazione ed acquisti. Fanno tutto Stuart e Adelle, che dal nulla hanno creato questo piccolo capolavoro coltivando loro stessi molti dei botanicals utilizzati per i distillati. Peccato che la domenica siano aperti solo da aprile a settembre, e che per questo ci siamo dovuti spingere alle porte della loro distilleria due volte.

L’attrazione più gettonata della zona però è manco a dirlo naturale (e vorrei ben vedere). La riserva di Mull Head è un paradiso per gli amanti degli animali e le sue scogliere offrono il perfetto riparo per moltissime specie di uccelli che qui scelgono di depositare le proprie uova. In particolare, le pareti di The Gloup, una grotta marina priva di soffitto, rappresentano un rifugio ideale. Vicinissima al parcheggio, è uno dei punti più affascinanti di Mull Head ed è un piacere osservarla dall’alto approfittando dei piccoli ponteggi in legno costruiti per lo scopo. La passeggiata sulla scogliera fino al Brough of Deerness, magari in cerca di qualche foca grigia, è tra le attività preferite dagli abitanti delle Orcadi nelle belle giornate di sole, ma attenzione al vento perché può diventare pericoloso.

enorme buca nel terreno dentro la quale si buttano delle piccole cascate

Itinerario del secondo giorno: Stromness, Yesnaby, Ring of Brodgar, Ring of Stenness, Kirkwall

Il secondo tentativo di sbarco su Hoy è anch’esso fallito. Stavolta non per colpa del meteo, che ci ha dato il buongiorno con uno splendido sole, ma a causa di un traghetto già al completo per trasportare anche la nostra auto. Avventurarci senza come proposto dall’impiegata al porto di Houton non ci sembrava una buona idea, considerando che le distanze sono piuttosto elevate e che volevo includere il museo di Scapa Flow, purtroppo situato sulla parte opposta dell’isola rispetto all’Old Man… niente, non è stato destino. Così ci siamo ritrovati a mescolare nuovamente le carte (sulle Orcadi l’arte dell’improvvisazione è essenziale) ed abbiamo finito col decidere per un inizio di giornata soft con la visita del villaggio di Stromness.

Dopo Kirkwall, Stromness è il centro più popolato non solo di Mainland, ma di tutte le Orcadi. Affacciato sulla baia di Scapa Flow, è molto diversa dalla capitale dell’arcipelago. In entrambi i casi l’oceano ci ha messo prepotentemente la mano, ma con Stromness si percepisce il suo tocco ad ogni angolo. Nonostante il cambio dei nomi per ogni tratto di strada, un po’ come succede sul Royal Mile ad Edimburgo, l’intero borgo si sviluppa essenzialmente su un’unica strada, le cui case sul lato est fungono come una sorta di barriera che divide i suggestivi vicoli lastricati dal mare, che si può ammirare solo in una manciata di punti. Di certo vale la pena percorrere il tragitto dal porto almeno fino al George Mackay Brown Memorial Garden, fermandosi nel mentre ad ammirare le molte gallerie d’arte (mi sono comprata una calamita dipinta a mano su tela che è uno spettacolo) e perché no, addentare una delle prelibatezze appena sfornate da Argo’s Bakery. Un piccolo rimpianto legato a Stromness ce l’ho, ovvero il non aver raggiunto il punto panoramico di Brinkie’s Brae ed avere l’occasione di ammirare tutta la baia dall’alto.

mare con un porticciolo e tanti cottage affacciati

Sono una decina i chilometri che dividono Stromness dalla seconda tappa di giornata, che poi si è rivelata una delle mie preferite in assoluto: Yesnaby.
Qui il rimpianto è enorme, altro che piccolo, perché ancora una volta mi sono lasciata scoraggiare dal vento infuriato e soprattutto dalla poca verve dei miei compagni di viaggio che proprio non avevano voglia di percorrere un paio di chilometri sulle scogliere più incredibili che abbia mai visto. L’esperienza è indimenticabile già dal parcheggio, disseminato di piccole costruzioni belliche; il terreno è di roccia arenaria del tutto spoglia, la superficie dà quasi la sensazione di trovarsi sulla luna se non fosse per il colore rossastro. Dopo pochi metri si aprono degli scorci pazzeschi di rocce a picco su un mare spesso in tempesta che si susseguono a perdita d’occhio, soprattutto oltre la possente Brough of Bigging. Se non fosse stato per le circostanze, avrei davvero voluto ammirare da vicino il Yesnaby Castle, un faraglione la cui forma ricorda un Old Man of Hoy in scala ridotta. Nonostante ciò, rimane per me uno dei luoghi immancabili da visitare sulle Orcadi.

piccola spiaggia con acqua cristallina circondata da alte rocce

Non rientreranno tra le location di Outlander in Scozia, ma ormai ogni volta che vedo un cerchio di pietre mi emoziono proprio come se dovessi essere io quella che rischia di venire risucchiata nello spazio-tempo. Ed è successo anche con il Ring of Brodgar e le Standing Stones of Stenness nel senso che no, col cavolo che mi hanno teletrasportato da un highlander del XVIII secolo e che sì, la sensazione del camminarci in mezzo e del poterle toccare pensando a cosa abbiano potuto significare per chi le ha piazzate lì è indescrivibile.

La striscia di terra che separa il Loch of Stenness ed il Loch of Harray è in realtà disseminata da numerose pietre che vanno oltre i due punti di interesse principali, a loro volta divisi da un altro dei siti archeologici risalenti al Neolitico, il Ness of Brodgar. Insomma, gli antichi avevano trovato davvero qualcosa di speciale lungo queste 2 miglia. Se il Ness è spesso chiuso per il proseguire degli scavi (di solito è visitabile per un mesetto in estate), i due cerchi sono liberamente accessibili ed egualmente avvolti nel mistero. Si sa per certo che entrambi furono eretti circa 5000 anni fa, ma non è chiaro se il loro scopo fosse quello della celebrazione di rituali o dell’osservazione della volta celeste.

Il Ring of Brodgar è il terzo più grande di tutto il Regno Unito, e delle sue 60 pietre oggi ne rimangono 27 originali; se non è troppo nuvoloso, il momento più suggestivo per visitarlo è il tramonto. Dei megaliti che formano le Standing Stones of Stenness ne sono invece rimasti 4 su 12, con il più alto che sfiora i 6 metri; le dimensioni rivelano l’importanza di quello che potrebbe essere il cerchio più antico di tutte le isole britanniche, tanto che gli antichi piazzarono un monolite a poca distanza come a vegliare su di lui.

campo con un cerchio di pietre in cui si vedono sei monoliti

Lo spirito vichingo che pervade le Orcadi è ancora più evidente camminando per i vicoli della capitale dell’arcipelago, Kirkwall.
Il nome stesso viene dall’antico norvegese “Kirkjuvagr“, ovvero “chiesa sulla baia”. E non è a caso che sia proprio una chiesa, o meglio una cattedrale, l’attrazione principale della cittadina. Sono rimasta pietrificata al cospetto della St Magnus Cathedral sia per la sua imponenza che per i suoi colori accesi, senza contare che si tratta dell’unica cattedrale medievale completa in tutta la Scozia. Gli interni poi riflettono la ricchezza e la magnificenza dell’esterno. Eretta a partire dal 1137 in onore del conte delle Orcadi (e martire) Magnus Erlendsson, ci vollero oltre 300 anni per completarla ed oggi ospita oltre alle funzioni religiose anche concerti, mostre d’arte e celebrazioni di vario genere.

Attraversando la strada si trovano le rovine del Bishop’s and Earl’s Palaces, che purtroppo sono accessibili solo a partire dal 1 aprile. Una visita al cortile con qualche scatto dall’esterno è il massimo che siamo riusciti a fare. Dalla parte opposta c’è invece Albert Street, il cuore commerciale di Kirkwall ricchissimo di negozietti indipendenti che si snodano uno dopo l’altro fino al porto. The Orcadian Bookshop è il mio preferito, e non solo per l’ingresso trionfale del dolcissimo gatto Jasper che ha preteso coccole finché non siamo usciti col nostro bottino di cartoline e peluche di puffin. Harbour Street, oltre ad offrire un buon numero di parcheggi, è la zona dove sono localizzati i migliori ristoranti della capitale, ma attenzione perché in bassa stagione la cucina chiude quasi ovunque alle 19/19.30, se si è mooooolto fortunati alle 20. Una passeggiata lungo i vicoli di Kirkwall senza una meta precisa è qualcosa che ci siamo ritrovati a fare in varie occasioni, senza che ci venisse mai a noia. Insieme a Stromness rappresentano alla perfezione le due facce della stessa medaglia.

cattedrale dai mattoni rossi intorno alla quale c'è un cimitero

Itinerario del terzo giorno: Maeshowe, Broch of Gurness, Birsay, Skara Brae

Heart of Neolithic Orkney, è così che l’UNESCO ha scelto di identificare i siti neolitici presenti sulle Orcadi entrati a far parte del suo patrimonio nel 1999. Dopo aver visitato i due cerchi di pietre, la terza giornata non poteva non proseguire con il resto, ovvero Maeshowe e Skara Brae.
Su Maeshowe le mie aspettative erano enormi, tanto che per non rischiare di rimanere a bocca asciutta (sono appena 16 i biglietti per ogni visita guidata ed in bassa stagione non sono così frequenti) avevo prenotato con un paio di mesi d’anticipo; dire poi che le suddette aspettative siano state di gran lunga superate non rende lontanamente l’idea: mentre da fuori sembra una banale collinetta ricoperta d’erba, l’interno custodisce resti di diverse epoche storiche e molteplici civiltà. Tomba a camera, ma con pochissime ossa rinvenute e tanti misteri ancora da svelare, le sue mura sono state una sorta di “lavagna” per i vichinghi che sono arrivati circa 4000 anni dopo la sua costruzione e che si sono impegnati nel lasciare un numero incredibile di rune spesso dal contenuto quasi comico.

sentiero che porta ad una collinetta ricoperta d'erba che in realtà è una tomba preistorica

Altrettanto impressionante, sebbene per motivi diversi, è il villaggio neolitico di Skara Brae, arrivato ai giorni nostri in condizioni eccellenti e tutto grazie all’uso quasi maniacale di uno dei materiali più resistenti che ci siano: la pietra. Gli abitanti di Skara Brae ne fecero largo uso, tanto da scolpire anche il mobilio oltre all’oggettistica di uso quotidiano. All’ingresso del sito, insieme ad una mostra interattiva è presentata la ricostruzione di una delle case, così da permettere ai visitatori di osservare da vicino come si viveva in quella comunità. Ciliegina sulla torta è il luogo in cui sorge, il cuore della Bay of Skaill, punto così suggestivo da far passare in secondo piano l’onnipresente vento. Nel biglietto (anche in questo caso gli accessi sono a numero chiuso, noi abbiamo avuto la fortuna di essere soli col guardiano) è inclusa anche la Skaill House, che purtroppo era chiusa.

interno di casa preistorica fatto in pietra e scavato nel terreno con il mare sullo sfondo

Benché di costruzione più recente rispetto a Skara Brae (si parla “appena” dell’età del ferro), il Broch of Gurness vale senza dubbio una visita. Siamo sulla costa nord-est di Mainland, affacciati sulla vicina isola di Rousay, in un’area che pullulava di Brochs (torri circolari fatte in pietra) e di villaggi costruiti intorno ad essi. Lo scenario è davvero spettacolare, così come fantastica è la possibilità di poter accedere al sito in modalità “fai da te” quando sarebbe ufficialmente chiuso. Ammetto di non averlo saputo e di averci provato “che non si sa mai”… è andata a finire che siamo statire ripagati da un’altra visita in solitaria, forse proprio perché l’informazione non è di pubblico dominio. Dal parcheggio parte inoltre la St Magnus Way, un pellegrinaggio che segue le orme di St Magnus e che non casualmente si conclude all’omonima cattedrale di Kirwall. I panorami che si aprono sulla Aikerness Bay e le sue acque cristalline lungo questo primo tratto sono incredibili.

muretto a secco di mattoni oltre il quale rimangono i resti di una torre di pietra ed altri edifici

Fa parte del nostro terzo giorno su Mainland la zona all’estremo nord che si “allunga” verso il Brough of Birsay, altra area da non perdere. L’obiettivo era quello di avere una botta di fortuna, trovare la bassa marea e raggiungere l’isoletta per esplorare il faro e le rovine della cappella di St. Peter; peccato che ci siamo dovuti accontentare di ammirare il tutto da lontano, il livello dell’acqua non era alto ma nemmeno così basso da tentare la traversata. Nonostante ciò, la spiaggia è anch’essa spettacolare, così come lo è la passeggiata che costeggia una scogliera per una volta piuttosto bassa.

Nel centro del minuscolo villaggio interessante l’Earl’s Palace, anch’esso chiuso sulla carta ma accessibile, ed il carinissimo Honesty Box giallo canarino, il primo e l’unico che abbiamo scovato durante il viaggio. Il concetto in sé è qualcosa che per molti di noi andrebbe oltre il buon senso (come credere che perfetti sconosciuti paghino per il cibo esposto senza che ci sia nessuno a vegliare??), ma qui addirittura c’era il POS e l’IBAN dei proprietari per i visitatori a corto di contanti e/o senza carta do credito. Indovina? Il POS era perfettamente funzionante!!!

spiaggia rocciosa con passerella sommersa dall'acqua che conduce ad un'isola

Itinerario del quarto giorno: distillerie di Highland Park e Scapa (o in alternativa isola di Hoy)

Il quarto ed ultimo giorno sulle Orcadi si è rivelato il più piovoso di tutti, con un meteo che non ha lasciato scampo per attività all’esterno tranne un raro momento di tregua che abbiamo passato sulla spiaggia di Scapa. Mi sarebbe piaciuto, eccome, visitare l’omonima distilleria, che tra i suoi single malt whisky annovera alcuni dei miei preferiti, ma era tutto chiuso purtroppo. Così ce la siamo presi con calma, ci siamo dedicati ad un’ultima passeggiata per le stradine di Kirkwall, abbiamo pranzato senza fretta e con cibi belli pesantucci per essere sicuri di affrontare l’ultima tappa nel migliore dei modi. Ci aspettava ancora la distilleria più a nord di tutta la Scozia: Highland Park.

Non saremo proprio esperti, ma è pur vero che dopo sei on the road in Scozia di distillerie ne abbiamo girate un bel po’. Di solito prediligiamo quelle più piccoline e meno commerciali, ma quando ti trovi di fronte ad una storicamente così importante ed immersa in un ambiente unico, non si può rinunciare. Certo è che abbiamo trovato il tour base (The Spirit of Orkney Experience) un po’ caro (30£ a persona) per ciò che viene offerto, benché la nostra esperta guida abbia snocciolato un po’ di informazioni nuove soprattutto sulla torba orcadiana e sulla sostenibilità dell’azienda; allo stesso modo viene ribadito più volte quanto famosi siano i whisky e quanti premi abbiano vinto. Per questo mi sarei aspettata che delle 3 drams incluse almeno una fosse stata un’edizione limitata, quando invece sono tutti prodotti standard e facili da reperire. Esperienza comunque consigliata se si ama “l’acqua della vita”.

mare con spiaggia rocciosa e sullo sfondo edifici bianchi sede di una distilleria

Se il single malt non fa per te e non hai intenzione di prendertela comoda anche se il meteo fa le bizze (ma allo stesso tempo permette ai traghetti di salpare), un programma alternativo per la giornata può essere senza dubbio una visita all’isola di Hoy o a quella di Rousay. Ma posso assicurarti che poco importa quale sia il programma, le Orcadi riescono a riempirti gli occhi ed il cuore di meraviglia grazie ad un insieme di culture e tradizioni uniche anche per un paese come la Scozia.

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