L’ultimo incontro tra me e Parigi risale al luglio del 2006. Una vita fa.
L’ultimo incontro, ma non l’unico. Ho visitato per la prima volta la capitale francese in quarta superiore durante uno scambio culturale tra il mio liceo, lo scientifico Antonio da Sangallo di Montepulciano, e il liceo di Tours, punto di partenza privilegiato per visitare la regione dei Castelli della Loira. Quell’esperienza memorabile si chiuse con un paio di giorni in città, e io ne rimasi talmente tanto affascinata che pochissimi anni dopo ci trascinai il babbo per ripercorrere con più calma più o meno le stesse tappe che i miei prof di francese e biologia avevano selezionato allora per noi (tranne l’hotel nel quartiere di Pigalle, che ancora mi chiedo pourquoi???).
Chissà come e quanto sarà cambiata nel frattempo Parigi.
È forse anche la “paura” di scoprirlo che mi ha bloccata dal tornare. Perché, nonostante l’inesorabile scorrere del tempo e tutti gli altri viaggi fatti in questi quasi 20 anni, i ricordi sono ancora incredibilmente vividi e tutti ugualmente belli. So esattamente cosa mi aveva colpito e quanto davvero uniche fossero le esperienze che stavo condividendo con i miei compagni di viaggio. Per me era davvero, ed è rimasta, la Ville Lumière, una città così speciale da brillare di luce propria nella mia memoria dopo tutto questo tempo. Non posso certo dire di conoscerla a dovere, o di aver visitato angoli nascosti o meno frequentati, al contrario: a renderla indimenticabile sono stati i “grandi classici”, i must-see. Così straordinari che di certo mi rifarei da capo per la terza volta.
Ecco cosa continuo a sognare di Parigi, e perché anche solo una di queste ragioni è per me sufficiente per scegliere la capitale francese.
Il Museo d’Orsay e il Museo del Louvre
Normalmente non sono una di quelle persone a cui piace passare ore, figuriamoci giornate, all’interno dei musei. Sono altre le mie priorità quando è ora di pianificare un itinerario, che include sempre lunghissime camminate che tocchino i luoghi più iconici di quella particolare città. Ma come facciamo con Parigi, dove appunto una delle “cartoline” immancabili è una piramide in vetro che si trova per l’appunto all’interno di un museo? Anzi, riformulo… come puoi dire di aver visitato la capitale francese senza aver esplorato il Museo del Louvre??
“Infinito” è il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso a lui, nonostante la giornata a briglia sciolta che i prof ci lasciarono a disposizione non credo di averne visto che una porzione. Ricordo vividamente gli enormi quadri dei pittori romantici, in particolare “La Libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix e l’ancora più grande “La zattera della Medusa” di Théodore Géricault, poco prima di imboccare la sala che ospita la nostra Gioconda; i meravigliosi busti delle statue greche, primi tra tutti la Nike di Samotracia e la Venere di Milo, senza dimenticarsi della straordinaria opera dell’ancora nostro Antonio Canova e quell’Amore e Psiche che sarebbe entrato di diritto nella mia tesina della maturità. Al Louvre sono entrata una sola volta, il “supplizio” al babbo (già allora col mal di schiena) gliel’ho risparmiato e a mia volta sono stata contenta di non aver dovuto disquisire sul come e dove acquistare i biglietti visto che internet era ancora un miraggio e le file sul posto belle lunghe.
Non potevo però risparmiargli il Museo d’Orsay, che lui si è fatto in minima parte ma che io ho ripassato avidamente da cima a fondo. In assoluto uno dei musei più belli ed emozionanti che abbia mai visto, tra l’altro custodito in un edificio altrettanto speciale. Per gli amanti dei pittori impressionisti è un sogno, il meglio che si possa desiderare. Da grande ammiratrice di Monet poter vedere molte delle sue opere a pochi centimetri di distanza e poter cercare di capire “dal vivo” il suo studio delle luci e delle ombre è stato qualcosa di incredibile. Dovessi mai tornare a Parigi, e credo che prima o poi dovrò farlo, entrambe le tappe saranno immancabili.
Camminare per i vicoli di Montmartre
So di continuare con la “fiera dell’ovvio”, ma non posso fare altrimenti.
Nella mia mente, le gallerie ricoperte di quadri del Louvre si fondono con gli stretti vicoli del quartiere più magico di tutta Parigi, ovvero Montmartre. Non ci sarà stato ancora il Muro dei Ti Amo, e vista l’assenza dei social non avremmo saputo dell’esistenza della Maison Rose o dell’edificio più instagrammato della città, la cosiddetta “casa storta”, ma posso assicurare che ci sono bastate la Basilica del Sacro Cuore e tutte le piazzette popolate da artisti locali per farci sentire come dentro ad un film. Tornassi indietro, è proprio un quadretto che ritrae le stradine di Montmartre che vorrei portarmi a casa al posto di poster (seppur iconici) che pubblicizzavano il vicino Moulin Rouge. La vista dalla scalinata di fronte alla basilica poi è qualcosa di spettacolare.
Salire sulla Torre Eiffel
Personalmente, non è stata tanto la Torre Eiffel in sé ad emozionarmi. Si tratta di sicuro di una struttura iconica ed unica (la sua mini versione praghese conta?), ma sono tra quelli che ne vedono un enorme ammasso di ferro intrecciato e poco più. Con quell’ammasso di ferro però sono stati piuttosto ambiziosi quando si parla di dimensioni, così da permettere ai visitatori di poter ammirare Parigi dall’alto in maniera privilegiata senza necessariamente salire all’ultimo piano. Il secondo livello, ubicato a 115 metri d’altezza, è la soluzione ideale per chi non vuole fare troppe code e al tempo stesso vuole risparmiare qualche soldino, poiché è raggiungibile sobbarcandosi “appena” 704 scalini. Non è valso a niente il mio farli a braccetto con la mia cotta di allora, è da quel 2002 e da quella salita infinita con la costante vista del vuoto sotto che mi porto dietro una bella acrofobia. Ma che panorama gente, che panorama. Indimenticabile Parigi, appunto.
Andare su e giù per gli Champs Elysées
Nella mia collezione di CD (sì, colleziono ancora CD, in particolare tutto ciò che riguarda i Backstreet Boys) posso ancora oggi annoverare una copia del singolo Drowning in edizione speciale acquistato alla Fnac in Avenue des Champs-Elysées. Eh già! Ovviamente un negozio di musica era uno dei pochi in cui potevo effettivamente permettermi di acquistare qualcosa, che poi quel qualcosa si sia rivelato un oggetto che custodisco gelosamente a distanza di oltre 20 anni lo rende ancora più speciale. Ricchi o poveri, poco importa: Parigi è sinonimo di alta moda, e molti dei negozi di grandi brand sono allineati uno dietro l’altro sul viale più iconico della capitale francese. Magari non vi faranno entrare a sbirciare da Dior o Louis Vuitton, ma chi se ne importa se ci sono le Galeries Lafayette, che con Harrods sono i grandi magazzini più famosi al mondo; i suoi interni che da soli meritano la visita, senza contare la terrazza panoramica all’ultimo piano. Piccolissimo particolare non da trascurare, nella parte nord il corso si interrompe all’ombra dell’Arco di Trionfo, altra imperdibile icona parigina.
Boulangerie e pâtisserie di Parigi
Non sarebbe il mio blog se non si finisse a parlare di cibo. Ed è praticamente impossibile non parlarne quando ci si trova al cospetto della capitale “più dolce” al mondo.
Parigi è un vero paradiso per gli amanti della pasticceria e della panificazione. Le strade della città sono costellate di boulangeries e pâtisseries, ognuna con la propria tradizione e creatività. I panifici sono celebri per i loro croissant burrosi e le baguette croccanti, preparate con farine di altissima qualità. Dall’altra parte, le pasticcerie incantano i visitatori con dolci raffinati come i macarons, le éclairs e le millefoglie. Sì, ancora gli éclair al cioccolato che ho mangiato a Parigi me li sogno, così come mi sogno le vetrine zeppe di qualsiasi tipo di pasticcino o torta, o i francesi che fedeli ai luoghi comuni se ne andavano a comprare la baguette portandosela dietro in un sacchetto di carta sottobraccio.