La Maremma Toscana ed i borghi del tufo: Sorano, Pitigliano e Sovana

Quando si pensa a cosa vedere in Toscana al di fuori delle città d’arte, le prime a venire in mente difficilmente riguardano la provincia di Grosseto.
Credo che per certi versi sia un territorio alquanto misterioso anche per noi toscani la Maremma, ad esclusione della zona costiera che ci piace proprio tanto. Ricordo da piccolina le estati passate tra Principina, Marina di Grosseto e Castiglione della Pescaia, sembrava di non essersi quasi mossi da casa tanta la gente che conoscevi di vista o di persona… ma questa è un’altra storia.

Per farla breve, nonostante i nomi del borghi del tufo mi risuonassero nelle orecchie da anni, io nell’entroterra maremmano non c’ero mai stata. Ed averlo fatto per la prima volta nella settimana della riapertura delle “frontiere” provinciali nell’ingresso alla fase 3 “ai tempi del Covid-19” l’ha resa di certo un’esperienza ancora più indimenticabile. Sorano, Pitigliano, Sovana. Noi li abbiamo incontrati in questo ordine, in un caldo 2 giugno dal sapore speciale. Senza tabelle di marcia particolari per una volta, e con qualche sorpresina dietro l’angolo che avremmo tanto preferito non trovare.

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I borghi del tufo: dove si trovano e cos’hanno in comune

La zona dei borghi del tufo si trova nella valle del fiume Fiora, stretta tra Val d’Orcia e Monte Amiata da una parte (la strada che dobbiamo percorrere noi dalla Valdichiana), costa tirrenica ed alta Tuscia dall’altra. Orbetello e le celeberrime terme di Saturnia sono a due passi, il Lazio è proprio dietro l’angolo. Non ci sono strade a scorrimento veloce e bisogna armarsi di santa pazienza perché più ci si avvicina, più ci sono curve e strettoie. Viaggiando dalla nostra direzione, o comunque da nord, è davvero soprendente il graduale cambio di panorama delle campagne toscane, dalle dolci colline di casa al brullo dell’amiatino, fino alla fitta vegetazione maremmana; per non parlare degli scorci da favola sui borghi in dirittura d’arrivo.

Il territorio rientra in quella che viene conosciuta come area del Tufo, o Parco archeologico Città del Tufo, caratterizzata dalle Vie Cave. I Cavoni custodiscono un fitto labirinto di sentieri e canyon scavati tra le pareti tufacee, oltre che un elevato numero di necropoli etrusche. Sono proprio gli etruschi ad aver popolato per primi l’intera area, e le tombe non sono che una parte dei reperti archeologici emersi nel corso dei secoli.

La storia accomuna i borghi del tufo già dalle origini quindi, incluso il dominio delle famiglie Aldobrandeschi prima ed Orsini poi (grazie al matrimonio tra Anastasia Aldobrandeschi e Romano Orsini nel 1293). Seguono gli attacchi e le temporanee conquiste da parte di Siena, il passaggio nelle mani dei Medici con la relativa annessione al Granducato di Toscana. È con la nomina a granduca di Leopoldo II d’Asburgo-Lorena che inizia la bonifica delle zone paludose della Maremma (e della mia Valdichiana), che nel ‘700 era rimasta praticamente deserta a causa dell’insalubrità e della malaria. Ragione per cui fino a quel momento gli abitanti della zona avevano abbandonato le valli e si erano andati a “rifugiare” sulle alture tufacee.
Oggi due dei tre borghi (Sorano escluso) fanno parte del circuito dei borghi più belli d’Italia.

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Cosa vedere a Sorano

Il nostro itinerario tra i borghi del tufo è partito con un meraviglioso fuori programma, prova di quanto io sia “dannosa” quando cerco di non prenderla troppo seriamente. Perché di nome conoscevo solo Pitigliano e Sovana, e quelle dovevano essere le nostre mete; da Sorano dovevamo sì passarci, ma solo per raggiungere gli altri due borghi. Fortuna che la strada dalla quale siamo arrivati ci ha “comprato” subito con un panorama incredibile sul paese, che alla fine si è aggiudicato il primo posto nella nostra personale classifica.

Senza neanche scendere dall’auto, l’impressione che si ha di Sorano è quella di un borgo abbandonato. Un po’ come quando ci si trova per la prima volta al cospetto di Matera: ti spiazza, ti intimorisce, ma allo stesso tempo ti incanta. E non è certo un caso che, proprio per i suoi edifici scavati nel tufo e per un’atmosfera oserei dire spettrale, Sorano sia comunemente definita “la Matera della Toscana“. In effetti di abitanti non è che ce ne siano rimasti tanti nel centro storico del più antico dei tre borghi del tufo, visto che di crolli e frane dovuti all’erosione provocata dagli agenti atmosferici ce ne sono stati molteplici.

La nostra breve esplorazione è iniziata dalla scalinata che porta a via del Ghetto. La viuzza attraversa il piccolo ed antico ghetto ebraico (anche se la sinagoga più antica è in via Selvi), probabilmente istituito dai Medici nel 1619 ed in uso fino ad inizio ‘900. Grazie ad una massiccia opera di recupero piuttosto recente, questo angolo così pittoresco è tornato agli antichi splendori, integrandosi alla perfezione nel resto. Perché le viuzze sono tutte una più suggestiva dell’altra, e regalano scorci spesso inaspettati dalla bellezza disarmante. È stato quasi scioccante per me scoprire che un tempo nelle viscere di Sorano, tra quegli stessi vicoli, esistessero cantine che vi portavano avanti l’intero processo di vinificazione.

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La pettata da Porta dei Merli al Masso Leopoldino, il monumento forse più riconoscibile, ha continuato a riempirci gli occhi di bellezze. Peccato che il momento che aspettavo con più impazienza fosse salirci sul masso, ed ammirare il borgo ed i boschi che lo circondano dall’alto; il tristissimo cancello sbarrato a pochi metri dalla Torre dell’Orologio ha detto altrimenti: musei chiusi, tutti. Ufficio turistico, chiuso pure quello. Eccola la brutta sorpresa a cui mi riferivo all’inizio. E, Covid o meno, in un giorno festivo proprio non me l’aspettavo.

Fortuna che in corrispondenza degli edifici di particolare rilevanza storica ci sono dei brevi testi scritti su delle mattonelle smaltate che spiegano brevemente dove ci troviamo, o che condividono con i visitatori storie locali o poesie e filastrocche. Aspetto questo che ho apprezzato moltissimo e che ha arginato, almeno in parte, la nostra delusione.

Il tranquillo girovagare tra i vicoli ci ha inevitabilmente portato all’altro punto di interesse per eccellenza, la Fortezza Orsini, sorta sull’antica Rocca Aldobrandesca. La Fortezza occupa la parte alta di Sorano e rientra nell’antico sistema difensivo insieme alle mura e al Masso Leopoldino. Al suo interno custodisce il Museo del Medioevo e del Rinascimento, oltre alla collegiata di San Niccolò. Non avendo avuto la possibilità di entrare, ci siamo limitati ad ammirare il bellissimo panorama che offre.

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Cosa vedere a Pitigliano

Se tra i borghi del tufo Sorano è quello più antico, il più conosciuto è senza dubbio Pitigliano.
Il “cambio di marcia”, o semplicemente l’essere abituato ad ospitare un numero massiccio di turisti durante tutto l’anno, è stato evidente fin da subito, grazie alla presenza di vari negozi e ristoranti aperti. Peccato fossero gli unici…

A differenza del primo, con Pitigliano abbiamo lasciato inizialmente da parte il belvedere a favore del centro, che mostra come meglio non potrebbe ogni fase della sua storia. Ad accogliere i visitatori è l’imponente Acquedotto Mediceo, usato dalla casata fiorentina per convogliare le acque dei torrenti della zona e portarle all’interno delle mura fino alla Fontana delle Sette Cannelle, un tempo fontana pubblica. Sull’altro lato della strada, maestoso, Palazzo Orsini, che come a Sorano è andato a “sostituirsi” all’antica rocca fortificata dagli Aldobrandeschi nel luogo dove sorgeva un antico convento. Oggi ospita il Museo Civico Archeologico, ed i suoi soffitti affrescati rappresentano una delle maggiori attrattive del borgo.

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Da Piazza della Repubblica si snodano due strade principali, lungo le quali sono custoditi i principali punti di interesse di Pitigliano.
A metà tra via Roma e via Orsini c’è la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, il Duomo cittadino il cui campanile rappresenta il punto di riferimento per eccellenza dell’intero profilo medievale. Nel punto in cui via Orsini e via Zuccarelli si incontrano, si trova la suggestiva chiesa di San Rocco, anch’essa purtroppo chiusa al pubblico durante la nostra visita. Piazza Becherini è invece una vera e propria terrazza che permette di ammirare la riserva naturale che circonda lo sperone di roccia tufacea su cui sorge il borgo.

Percorrendo via Zuccarelli, troviamo un altro pezzo di storia di questa fetta di Maremma, la ragione per cui Pitigliano è chiamata Piccola Gerusalemme: il ghetto ebraico. Pare che le sue origini risalgano al 1598, quando a seguito di varie bolle papali gli ebrei furono costretti a lasciare i territori pontifici trasferendosi in quelli degli Orsini. Ancora oggi, facendosi largo tra bassi archi e stretti vicoli, è possibile accedere all’antico quartiere ed alla Sinagoga cinquecentesca (ancora in funzione), il Bagno Rituale, il Forno delle Azzime, la Macelleria Kasher, la Tintoria e la Cantina. In teoria almeno, visto che anche in questo caso abbiamo trovato tutto chiuso. E per tutto intendo anche i negozi che vendono prodotti tipici kosher. Un boccone amarissimo e davvero difficile da ingoiare, ma anche un motivo in più per tornare a Pitigliano.

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Se però dovessi scegliere ciò che realmente intriga di Pitigliano, non avrei dubbi: niente chiese, niente rocche, ma vicoli. Un tripudio di scorci da cartolina spesso “arredati” di tutto punto. Alcuni sono corti corti e circondati da casette su ogni lato, altri portano alle aree più abbandonate del borgo (e con loro, tanti micini che sembrano completamente in balia degli eventi), altri ancora conducono a delle piccole terrazze da cui ammirare un panorama che non stanca mai.

Anche se IL panorama è quello d’insieme su tutto il borgo, e lo si può godere per la strada che conduce al Santuario della Madonna delle Grazie. Benché il piccolo spiazzo di fronte alla chiesa sia ideale, la vista a mio parere perfetta è quella che offre la Strada Regionale 74, dove tatticamente è stata messa una piazzola per soste velocissime dedicate allo scatto compulsivo. Dalla Madonna delle Grazie partono vari sentieri perfetti per l’esplorazione delle vie Cave risalenti al periodo etrusco, con dei percorsi ben indicati in corrispondenza del piccolo parcheggio.

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Cosa vedere a Sovana

Dei tre borghi del tufo, Sovana è di gran lunga il più piccolo.
Nonostante anch’esso sorga su una roccia tufacea, non si ha lo stesso impatto di Sorano e Pitigliano. Eppure domina una zona ricchissima di preziosi reperti archeologici scavati nel tufo, incluse necropoli e tombe etrusche, prime tra  tutte la Tomba di Ildebranda e la Tomba dei Demoni Alati.

Il centro storico ruota intorno alla fotografatissima Piazza del Pretorio, dove si affacciano costruzioni medievali risalenti al XII-XIII secolo: la piccola chiesa di Santa Maria Maggiore col suo ciborio in pietra, il Palazzo Pretorio con la facciata costellata di stemmi e rivestita di tufo, la Loggetta del Capitano ed il pittoresco Palazzetto dell’Archivio. Nonostante le dimensioni, dal punto di vista politico Sovana non aveva niente da invidiare ai vicini, anzi… i resti della Rocca Aldobrandesca sono piuttosto eloquenti sul bisogno di protezione del borgo.

La vera attrazione di questa piccola perla si trova dalla parte diametralmente opposta rispetto alla fortificazione: la Concattedrale dei Santi Pietro e Paolo, risalente all’XI secolo tra i più importanti edifici in stile romanico di tutta la Toscana. Al suo interno riposano le spoglie del patrono del borgo, San Mamiliano.
Ad unire Piazza del Pretorio e la Cattedrale, la pittoresca via del Duomo, custode della casa natale di Papa Gregorio VII, al secolo Ildebrando Aldobrandeschi).

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Visitare i borghi del tufo in un giorno

Una giornata è appena sufficiente per visitare i tre borghi. Noi ce la siamo presa abbastanza calma, e siamo anche riusciti ad infilarci in mezzo un ottimo pranzo con prodotti tipici all’Osteria I’Gazzilloro di Pitigliano. È pur vero che TUTTI i musei erano chiusi, e che includendo per lo meno i più interessanti i tempi sarebbero stati molti più stretti. Inoltre di turisti in giro ne abbiamo trovati davvero pochi e ci siamo potuti godere ogni cittadina in totale relax.

L’ideale sarebbe quindi prendersi almeno un paio di giorni ed unire alla visita dei “magnifici tre” delle belle passeggiate per le Vie Cave, o l’esplorazione di necropoli e tombe etrusche, o l’insediamento rupestre di Vitozza, la città perduta. Se sei indeciso su cosa vedere in Maremma, l’itinerario non può non passare per questa area così unica e ricca di storia.

There are 2 comments
  1. Ho visitato questi tre borghi tanto tempo fa e me ne sono innamorata: è stato il mio viaggio di laurea! Vorrei tanto ritornarci perché ho toccato luoghi poco conosciuti e molto belli.

    • Sono sicuramente dei borghi unici nel loro genere. Sembra di essere in un altro mondo! E forse tranne che Pitigliano ed altre rare eccezioni, non c’è molta gente e si ha spesso l’occasione di goderseli in pace. Anch’io vorrei tornarci ed approfondire

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