Diario di viaggio
Venerdì 2 novembre – pomeriggio
Arriviamo ad Oban con largo anticipo, tanto che decidiamo di parcheggiare l’auto e fare un giretto prima di dirigerci al porto. La cittadina è molto pittoresca, col suo lungomare coloratissimo ed il piccolo “colosseo” che veglia dall’alto. Ma… ok che non possiamo dilungarci chissà quanto, ma la sensazione che non riesco a scrollarmi di dosso è che sia veramente troppo turistica. Troppo. I negozi di souvenir sembrano addirittura più tristi e scontati che alcuni sul Royal Mile di Edimburgo, un paio di negozianti ci accolgono come fossimo polli da spennare… pure lo shop della distilleria di Oban, centrale che più centrale non si può, ci lascia con l’amaro in bocca.
Il tempo a nostra disposizione è troppo poco per poter affermare di aver VISITATO Oban, ma ad una prima impressione la scintilla non è proprio scoccata.
Risaliamo in auto ed imbocchiamo la strada per il porto, a pochissime decine di metri da tutto il resto. Avevamo già prenotato i biglietti online (55,60£ andata e ritorno per 4 adulti + 1 auto) e l’addetto a cui chiediamo informazioni ci fa disporre nella prima di 3 file, raccomandandosi di farci trovare all’interno dell’auto non più tardi delle 17.45; perfetto, fin qui più facile del previsto. La mezz’ora successiva passa però lentissima, visto che il terminal non ha niente da offrire ed i negozi hanno tutti chiuso i battenti alle 17.
Con un leggero ritardo, finalmente arriva il traghetto, decisamente più grande di quanto ci aspettassimo. L’imbarco è veloce e senza intoppi, in più all’interno ci sono varie sale occupate da seggiolini e poltroncine, un bar, una stanzetta con le slot, e i ponti esterni disponibili ad ospitare chiunque volesse prendere una boccata d’aria. Una vera benedizione questa.
Già, perché “l’altro” Pavel soffre pesantemente di mal di mare (il suo accettare di aggiungere un’isola all’itinerario ci aveva sorpresi non poco) ed il suo colorito comincia ad assumere strane sfumature appena la nave si mette in moto. Nel nostro stato di semi-euforia, non ci rendiamo subito conto che effettivamente stiamo oscillando moooolto più del dovuto… tanto che la smettiamo di fare dentro/fuori e decidiamo di rifugiarci al bar in compagnia di un bel sidro; un po’ di alcol è quello che ci serve, perchè… AIUTO!!
I 45 minuti a bordo sono tosti per tutti, e non posso che compatire Pavel e la sua faccia da “vi prego uccidetemi”. Più tardi scopriremo i retroscena del viaggio da panico: c’è una tempesta in arrivo, ed abbiamo dovuto oltrepassare l’incontro/scontro tra quelle che di fatto sono due correnti oceaniche. Il nostro soggiorno su Mull si preannuncia più movimentato del previsto.
Scendiamo al porto di Craignure ed imbocchiamo subito la strada che porta al nostro cottage, distante appena 5 minuti. Sì, DORMIREMO IN UN COTTAGE!! Non sarà come quelli dei film, ma sono comunque emozionatissima, è un piccolo sogno che si avvera.
L’edificio è diviso in 3 appartamenti ed individuiamo subito il nostro grazie ad un cartello col mio nome scritto a caratteri cubitali; Nicky, la proprietaria, mi aveva avvisato che la porta sarebbe stata aperta e le chiavi le avremmo trovate sul tavolo. OK…
L’interno è molto accogliente, ma ci limitiamo a scendere le valigie e rimetterci subito in marcia: se vogliamo cenare, non c’è tempo da perdere. Pub e ristoranti fuori città chiudono la cucina molto presto, figuriamoci qui. Nella sua mail, Nicky aveva indicato 3 possibili opzioni e noi scegliamo quella più vicina e sulla carta meno dispendiosa: la Craignure Inn.
Il locale, in tipico stile scozzese, è semivuoto, ed il tizio dietro al bancone ci guarda manco fossimo alieni sbarcati da un altro pianeta… immaginatevi poi alla richiesta di cibo! Si assenta un attimo e ci liquida con un “the kitchen is closed, I’m afraid“… straniti più di lui, ce ne torniamo in auto senza capire bene cosa sia esattamente successo; ma non sarà l’episodio più bizzarro della serata.
La seconda opzione è un lodge quasi di fronte al pub, ma aperto solo su prenotazione. Meh. Non ci resta che Isle of Mull Hotel & Spa, poco più avanti; dalla quantità di auto nel parcheggio sembra che chiunque si trovi a Craignure si sia dato appuntamento qui. Sarà un buon segno?
Alla reception chiediamo speranzosi se sia possibile mangiare, e ci viene risposto che l’hotel è fornito di ristorante MA che è possibile anche mangiare nella saletta bar accanto alla hall, dove il menù è diverso; quest’ultima parte viene enfatizzata più del necessario, ma vabbè.
Una volta entrati al ristorante, ci risiamo: la cameriera che ci “accoglie” ci guarda con la stessa faccia del tizio del pub (chi siete e cosa volete), ripetendo che possiamo accomodarci MA che se vogliamo c’è il bar di là. Premetto che sono le 19 in punto e ci sono altri ospiti seduti. Al nostro insistere, ci porta due menù, ribadendo che AL BAR c’è una scelta di piatti diversa. Tra l’incredulo e l’irritato, confrontiamo i due menù constatando che quello del bar ci attira di più in effetti… Contenti loro che ci guadagneranno decisamente meno (ma potranno chiudere prima), contenti noi che mangiamo un pasto davvero ottimo in un ambiente comunque molto accogliente.
Torniamo al cottage ancora un po’ confusi ed ignari che la parte brutta, almeno per me, deve ancora venire.
Nel lancio della monetina tra camera e divano letto, stranamente la camera la vinciamo noi. “Che culo”, penso. La stanza è nel sottotetto al piano superiore, con due finestrelle che danno rispettivamente sulla montagna e sul lago. Una favola. In teoria.
In pratica nella notte si scatena la vera tempesta, “coda” di un uragano made in USA, e sembra che quel tetto stia per caderci addosso. Non so quantificare quanto veloce soffi il vento, né quanta rabbiosissima pioggia mista a grandine stia cadendo sulle nostre teste; riesco solo a pensare all’auto a noleggio, al “ogni ammaccatura in più sono 1000£”, al “se succede qualcosa sull’isola i costi di trasporto sono a vostro carico”, al fatto che non ci sia un garage o per lo meno una tettoia sotto la quale ripararla. Ma anche se ci fosse, come uscire? Il vento ci scaraventerebbe dritti nel lago. Insomma, una nottata da PANICO, PANICO puro. Per me. Pavel se ne dorme beato nonostante le mie gomitate e le mie richieste di rassicurazione, gli altri due di sotto sembrano non accorgersi di niente.
Sabato 3 novembre
Ad un certo punto devo essermi addormentata per sfinimento. Quando apro gli occhi, fuori c’è una timida luce ed il vento sembra essersi calmato; piove, ma niente a che vedere con poche ore prima. Vado subito ad ispezionare l’auto e vedo che è lì bellina come l’avevamo lasciata, niente danni visibili. GRAZIESIGNOREGRAZIE.
L’appuntamento con Nicky si rivela un toccasana per i miei nervi; ci dice che è tutto perfettamente normale per la stagione, e che è contenta che siamo lì proprio ora perché ci stiamo godendo la vera Scozia, che è anche e soprattutto questo. Natura selvaggia ed incontrollata, pioggia, tempeste, e chi più ne ha più ne metta. Ooooocchei… quindi è tutto normale. Quindi ho rischiato un infarto per nulla. Meglio così.
Con una praticità che soltanto una persona nata e cresciuta su Mull può avere, tablet in mano ci snocciola le previsioni per i prossimi due giorni, consigliandoci le zone meno esposte al vento e più semplici da affrontare viste le condizioni; noi avevamo in programma una gita sull’isola di Iona, ma Nicky ci comunica che tutti i traghetti sono cancellati, e la domenica con l’orario invernale appena entrato in vigore non ci sono traversate. Sempre meglio.
Decidiamo di seguire alla lettera i suoi consigli, e di dedicarci alla piccola penisola a sud dell’isola, la zona più vicina al cottage. Ci dice che potremmo arrivare fino a Croggan, e che se siamo fortunati lungo la strada potremo vedere le aquile (indovinate?); poi proseguire verso Lochbuie, dove ci sono i ruderi di un castello e un piccolo cerchio di pietre.
Vogliamo però iniziare il giro con il Duart Castle, ad una decina di minuti a nord-est, che d’inverno è chiuso ma che si trova proprio sulla punta di una piccola penisola che in teoria avremmo dovuto vedere arrivando da Oban.
La strada è single track ma completamente deserta, se non per qualche fattoria qua e là. Cominciamo ad avvistare pecore ovunque, le nostre compagne di viaggio fidate su Mull, fino a raggiungere l’altezza di un piccolo golfo dove finalmente ci sono loro, le Highland Cows!! Avete presente quelle mucche pelosissime, pucciose, con i mega corni, considerate a pieno titolo uno dei simboli della Scozia?? Loro!! Non le avevo mai viste da così vicino ed è una bella emozione.
Il castello di Duart invece, oltre ad essere chiuso, è pure circondato da impalcature, ma è comunque valsa la pena arrivare fin qui; peccato che scendere fino alla piccola spiaggia sia impensabile, tra bagnato e vento assassino finiremmo dritti in acqua.
Raggiungere Croggan si rivela tutto un altro paio di maniche, tanto che desistiamo a metà strada. La single track che si dirama dalla A849 è bella per quanto assurda, specialmente nel tratto che costeggia il Loch Spelve; da Kinlochspelve verso Croggan riprende a piovere fortissimo, l’acqua del lago/mare è vicinissima e le mille cascate naturali sgorgano a piena potenza; ci sono pecore ovunque, che giustamente si prendono tutto il tempo del mondo per farci passare, e tranne loro altri animali non se ne vedono. Ci sembra tutto troppo rischioso per proseguire, quindi a malincuore in qualche modo riusciamo a fare retromarcia e raggiungere Lochbuie. Dieci minuti di applausi al mio Pavel per aver affrontato una situazione da panico.
Ci impieghiamo un po’, ma arriviamo a Lochbuie abbastanza agevolmente, e circondati da panorami incredibili. Il vento è incazzato nero, ma riesce a spingere via le nuvole cariche di pioggia, lasciandoci un’oretta di “pace”. In tutto questo ci accorgiamo che già, non abbiamo mangiato. Fortuna che parcheggiamo proprio accanto all’Old Post Office, una piccola casetta sul lungomare che un tempo era un ufficio postale e adesso funge da… minimarket!!! Entriamo nella minuscola costruzione, dove troviamo vari tipi di cibo confezionato, bibite, marmellate, persino libri… ma non c’è anima viva. Al posto del commesso, una cassetta con un foglio dove si chiede di lasciare il corrispettivo per ciò che viene acquistato. Rimaniamo a bocca aperta, tra l’incredulo e il meravigliato. Di nuovo. E non posso che chiedermi se anche qui, fuori dal mondo, arrivi il furbetto di turno che prende senza pagare…
Il tragitto verso il Moy Castle è breve, ma molto accidentato. Non nel primo tratto però, dove troviamo anche una piccola ed incantevole chiesetta vittoriana aperta al pubblico; poco più avanti c’è un cottage solitario attorno al quale le pecore brucano felici, ma ci soffermiamo poco perché il vento è davvero assassino… non solo per noi però: le chiome, anzi no, i rami degli alberi che ci circondano sono tutti indirizzati dalla stessa parte, segno che un meteo così estremo è davvero tutt’altro che raro.
La spiaggia è fatta di terra e muschio, sui quali sono state trasportate alghe in quantità; per raggiungere la torre del castello dobbiamo seguire un percorso a zig-zag, ma ancora una volta ne vale la pena. Nonostante il piccolo agglomerato di case nelle immediate vicinanze, ci sentiamo davvero su un altro mondo dove a regnare sono il giallo, il verde ed il marrone. Non c’è spazio per altro, e nemmeno le nuvole, bassisime, riescono a scalfire l’intensità dei colori.
Facciamo giusto in tempo a raggiungere l’auto che ricomincia a piovere. Mi dico che me ne frego e che al cerchio di pietre ci arrivo comunque, anche da sola, ma di inzupparmi ed infangarmi non ho proprio voglia… così mi rintano nel mio angolino in macchina, irritata con me e col mondo, in un silenzio di tomba (capitemi, volevo vederle e TOCCARLE quelle pietre), finché non ci riattacchiamo alla A849. E lì succede il “miracolo”: vediamo una famiglia di cervi.
Prima la mamma con il cerbiattino, poi dagli alberi appare il capofamiglia col suo possente palco di corna. Siamo tutti e 4 incantati e non riesco nemmeno a cambiare lente alla macchina per fotografare più da vicino; poco più avanti però ne becchiamo altri due, che si fermano a guardarci come se fossimo degli intrusi (come biasimarli?) prima di tornarsene a saltellare sulle montagne. Il malumore sparisce di colpo, e non posso che ringraziare questa stupefacente isola per i suoi regali, non sempre apprezzatissimi ma comunque indimenticabili.
Di rientro a Craignure, ci precipitiamo al mini Spar che funge anche da ufficio postale, profumeria, negozio di accessori, tabacchi e quant’altro; i prezzi sono naturalmente un po’ più alti, ma sono ben forniti e troviamo un bel po’ di cosette per la colazione. Alla sua sinistra c’è il centro turistico ufficiale dell’isola, anch’esso con moltissimi souvenir interessanti e tanti depliant informativi; a destra invece c’è una caffetteria, Macgregor’s Roadhouse, gestita da marito e moglie ed aperta fin quando ci sono traghetti in partenza.
Infreddoliti e stanchi, ci rifugiamo nella sua saletta, dove mettiamo qualcosa sotto i denti e prendiamo una bevanda calda per rimetterci un po’ in sesto: cappuccino (ottimo) per noi ragazze, whisky per gli uomini. All’uscita, come per scusarsi dei capricci della giornata, troviamo un cielo da cartolina e un sorprendente arcobaleno che fa capolino dalle nuvole. Uno spettacolo unico.
Per cena andiamo dritti in hotel, che senso avrebbe cercare altro? Al ristorante non ci avviciniamo nemmeno, prendiamo posto al “nostro” tavolo ed il cameriere di turno, molto più simpatico e loquace di quello della sera prima, ci fa rilassare dopo una giornata decisamente intensa. Speriamo che almeno la nottata passi tranquilla.
Domenica 4 novembre
Sarà la stanchezza, ma dormo come un ghiro. La mattina un bellissimo sole ci fa capolino dalla finestra, e pensare di lasciare il cottage mi intristisce proprio tanto.
Il programma di oggi prevede Tobermory, la “capitale” di Mull, più il giro lungo tutta la costa ovest; seguiamo i consigli di Nicky, che ci aveva detto di non farla da nord verso sud ma all’opposto, per godersi meglio i panorami. E chi siamo noi per contraddirla? Invertiamo l’ordine delle fermate, tagliando a malincuore tutta la A8035 da Gruline in giù, la parte stretta tra il Ben More (una montagnuccia da 1174m) e il Loch Na Keal, per questioni di tempo. Abbiamo un appuntamento a Tobermory, più un traghetto che non aspetterà certo noi!
Da Salen giriamo verso Kellan fino ad Acharonich, dove dall’alto di un punto panoramico possiamo ammirare l’isola di Ulva. Questa zona è completamente diversa da quella di ieri, è un susseguirsi di salite e discese, di single track ad “alta quota” che improvvisamente si infilano in boschi popolati da incredibili cascate. Le Ears Fors Waterfall sono meravigliose! È anche molto più popolata di Lochbuie e dintorni, e spesso incontriamo case o fattorie, ma le auto in giro si contano sulle dita di una mano. Quel che è bello? Che quando ne incrociamo una, vuoi per ringraziare del passaggio (è importantissimo sapere come comportarsi nelle strade a corsia unica), vuoi per un innato senso dell’educazione, ci salutano TUTTI. Mi sento più a casa che a casa.
Raggiungiamo la baia di Calgary spinti da un vento che è tornato ad ululare. Ma per ora di nuvole se ne vedono poche, e finalmente possiamo scendere fino alla spiaggia. A farci compagnia, oltre alle immancabili alghe, qui ci sono pure i gabbiani e qualche essere umano, quasi non ne avevamo incontrati oggi! Il mare in tempesta non ci permette di ammirare tutte le sfumature d’azzurro che avevo visto sulle foto online, ma poco importa. Rimane una piccola fetta di paradiso.
Man mano che ci avviciniamo a Tobermory, i minuscoli centri abitati si fanno più numerosi, e questo nonostante una strada tutt’altro che agevole. Il piccolo, ordinato e coloratissimo centro “città” ci si para davanti quasi abbagliandoci; bentornati nella “civiltà”! Decidiamo di acquistare qualcosa da mettere sotto i denti nel piccolo supermercato proprio davanti al parcheggio, non è proprio il caso di presentarsi a stomaco vuoto all’appuntamento delle 13… alla distilleria di Tobermory! È l’ora di realizzare uno dei sogni di Pavel.
Già, perché del suo amore per il mondo del whisky ve ne avevo parlato, ma non vi avevo detto che il suo preferito in assoluto si chiama Ledaig, e viene prodotto qui.
L’edificio è in fondo a Main Street, proprio sul mare, caratteristica questa che influisce non poco sul prodotto finale. Al visitor center ci stanno aspettando, e veniamo affidati nelle mani di Seth, un ragazzo preparatissimo che sta facendo la stagione sull’isola; le sue origini sono scozzesi, ma dall’accento e da come parla sembra quasi americano… scopriamo invece che viene dallo Zimbabwe. Fa un po’ strano, abbiamo avuto sempre guide super local e trovarne una straniera proprio in un luogo così sperduto è bizzarro.
La distilleria è in fase di restauro, stanno aspettando i nuovi distillatori fatti su misura e trasportati dalla Scozia “continentale”; dice che dovranno bloccare la strada da Craignure, e chissà cos’altro; togliere il tetto e calarli giù. Insomma, un lavoro immane e carissimo.
La visita è interessante anche senza una fase di produzione attiva, ormai la conosciamo a memoria e così possiamo anche avvicinarci ad apparecchiature solitamente off limits. Il magazzino è anch’esso piccolino, e Seth ci rivela che molte delle botti sono custodite a Deanston, distilleria che appartiene allo stesso gruppo. Il culmine lo raggiungiamo con la degustazione però: io mi fermo a 3, forse 4 drams, ma agli uomini viene versato di tutto, torbato o meno, dai 10 anni a uno splendido 21, esclusiva del visitor center (e che adesso fa parte della nostra collezione). Vedo che il luccichio negli occhi di Pavel non è solo dovuto all’alcol (cacchio se ne hanno buttato giù), ma è la pura felicità di un sogno realizzato.
Morale della favola? I tramezzini del supermercato ci hanno salvato la vita, poco ma sicuro.
Prima di rimetterci in moto verso Craignure, dove il traghetto ci aspetta per le 17, facciamo una passeggiatina per Tobermory, ma è tutto impietosamente chiuso. Poco male, la vera attrazione rimangono i coloratissimi edifici lungomare, che risplendono sotto un cielo beatamente senza nuvole.
Raggiungiamo il porto con largo anticipo, mettiamo la macchina in fila da ormai grandi esperti e ci rifugiamo nella caffetteria, dove divoro un muffin alla crema di limone assolutamente divino.
Facciamo anche in tempo ad acquistare un ultimo ricordo dalla Spar, una piccola forma di cheddar stagionato aromatizzato al whisky, una bontà assoluta! Il cibo scozzese è davvero “something else“. Il mare ha chiaramente fatto pace col cielo, ed il viaggio di ritorno verso Oban passa veloce e senza drammi (presumo anche grazie all’alcol che Pavel II ha ancora in corpo); fotografo le coste di Mull che piano piano di allontanano, con il Duart Castle stavolta in bella vista che ci saluta. Siamo tutti un po’ nostalgici: nonostante l’accoglienza un po’ brusca, l’isola ci ha profondamente conquistato e sentiamo di avere ancora un bel po’ di conti in sospeso. Qualcosa mi dice che prima o poi ci rivedremo, mia bella e selvaggia Mull…
Dove dormire sull’isola di Mull
Non è stato semplice trovare un posto economico dove passare le nostre due notti su Mull.
Visto l’orario di sbarco e le strade quasi esclusivamente single track, volevamo trovare un alloggio non troppo distante dal terminal, ma gli hotel di Craignure hanno prezzi decisamente alti per ciò che offrono; ho cercato in lungo e in largo un cottage “da cartolina” su Google maps ed altri portali, ma molti affittano solo nei mesi più caldi e comunque difficilmente per periodi inferiori alla settimana.
Alla fine ci è venuto in soccorso Booking con il Bramble Cottage, una soluzione che si è rivelata ideale sia per la posizione, a 5 minuti dal porto, che per il prezzo (240£ in totale per 2 notti per 4 persone); accogliente e ben arredato (non abbiamo usato la cucina, ma sembrava anche ottimamente attrezzato), il nostro aveva una sola camera ed il divano letto nel piccolo salotto, più un bagno davvero carino. Il più grande pregio è sicuramente la proprietaria: Nicky nei pochi minuti che ha trascorso con noi è stata meravigliosa, non solo con tantissime informazioni preziose ma soprattutto con i suoi racconti su com’è vivere su Mull, sulla sua comunità. Ne condividerò alcuni con voi su un post che scriverò a breve su come organizzare un viaggio sull’isola.
Se mai torneremo, chiederò a Nicky di riservarci il “nostro” cottage perché difficilmente posso immaginare di meglio!
Dove mangiare sull’isola a Craignure
Ammetto che mi ha sempre “fatto strano” l’andare a mangiare in un hotel di cui non sono ospite. Non che a Craignure avessimo altra scelta, visto che Isle of Mull Hotel & Spa era l’unica opzione possibile; ma poteva andarci peggio, decisamente. Perché ok, non avremo usufruito del ristorante, ma ciò che viene offerto nella sala bar (che poi chiamarla così è davvero riduttivo) ci ha davvero sorpreso. I piatti che abbiamo assaporato erano tutti ottimi, anche se mangiare seduti su un divano col tavolino da caffé come appoggio… strano (non per i cechi, loro ci sono abituati). Mi ha un po’ deluso il servizio della prima sera, tutti molto distanti e quasi scortesi (piccola nota: nessuno di loro era scozzese), mentre la seconda abbiamo trovato un super cameriere.
Comunque sia, potete sempre tentare con la Craignure Inn, ed in caso vada male come a noi, virare sull’hotel. 20£ a testa per una cena in un ambiente del genere ci può stare.
Per una pausa golosa, o anche solo per buttare giù qualcosa di caldo o per un pranzo veloce, Macgregor’s Roadhouse è il luogo perfetto. Il cibo è tutto freschissimo e messo in bella mostra in un frigo all’entrata, si può prendere quello che si preferiesce, accomodarsi, pagare e consumare. La scelta dei muffin in particolar modo i ha sorpreso, non ne avevo mai visti di così tanti tipi in una caffetteria simile; e il gusto poi…
L’isola di Mull merita una visita?
Avevo sentito dire che l’isola di Arran è considerata una Scozia in miniatura. Non ci sono ancora stata, ma vale la stessa identica cosa di Mull. Non riesco ancora a credere di quanto il paesaggio cambi velocemente, e che lasci a bocca aperta indipendentemente dalla zona in cui ci si trova. Non avevo mai sperimentato una terra tanto selvaggia, ma allo stesso tempo mai inospitale; un meteo così follemente fuorioso. Per fortuna che su Mull non si è mai soli, ci sono tante pecorelle che non vedono l’ora di mettersi in mezzo alla strada e farti compagnia!
Brutto tempo a parte, che ci ha tolto quasi una giornata, averci passato una notte in più sarebbe stato l’ideale; Mull da sola richiede almeno 3 giorni pieni, ma trovereste da fare anche con una settimana a disposizione; ad esempio escursioni alle isole vicine, quella a Iona è la più classica ma ci sono anche Staffa, Ulva e tante altre.
Quindi sì, l’isola merita senz’altro una visita approfondita; e sì, in un modo o nell’altro vi lascerà a bocca aperta.
Eccomi qui, arrivata fino in fondo al diario! Ahahah! Scherzo, è che nelle stories di Instagram ti ho sentita scettica sull’idea che qualcuno ce la facesse ad arrivare alla fine…
Celeste, quando i diari sono scritti bene, come nel tuo caso, non stai a guardare l’orologio o quanto parole hai usato, quindi stai tranquilla 😉 Mi rendo conto quanto siano faticosi i diari da scrivere rispetto agli articoli più classici da blog. Personalmente adoro i diari, anzi, il blog nostro era nato come contenitore di diari di viaggio, ma ho visto che non facevano presa e allora mi sono un po’ scoraggiata nel continuare a proporli. Brava tu che porti avanti una bella tradizione da vero viaggiatore.
Tornando al Mull, non conosco questa zona della Scozia, ma adoro i paesaggi selvaggi che solo lì sembrano avere un’anima. Ho trovato romanticissimo dormire in un cottage mentre mi emoziono come una bambina quando incontro animali, come nel tuo caso, mucche delle Highlands e cervi. Se fosse per me ogni viaggio dovrebbe contemplare natura, così allo stato brado, per ricaricarsi davvero.
Ti auguro una buona serata , ciao cara!
Alessia, ti farò la statua per aver letto sto papiro fino in fondo. Grazie <3
So che i diari di viaggio non fanno molta presa e che non sono spesso quello che la gente cerca per organizzarsi, però certe esperienze me le voglio ricordare nel dettaglio ed ammetto che li scrivo più per me che per un possibile lettore... ma questa è casa mia e qui comando io, o no??? 😀
Mull fuori stagione è completamente deserta, ed è quello il suo bello. Animali che scorazzano liberi e la natura senza freni, anche se quella notte ho avuto davvero una fifa mostruosa. Prima o poi dormirò in un cottage da favola però!! Un bacio grande e grazie ancora per le tue sempre bellissime parole d'incoraggiamento!
Se c’è una cosa che non mi piace “del nord” è questa usanza di mangiare troppo presto, che se magari vuoi dedicarti ad un tramonto o sei in viaggio in un roadtrip e arrivi tardi, che poi tardi non è, devi arrangiarti con patatine e birra. Che va bene, ci mancherebbe, però…
In ogni caso alla fine anche negli States, fuori dalle città è così: prendere o lasciare…io continuo ad apprezzare i nostri orari mediterranei, la gente per strada la sera tardi…che poi, tutto questo per dire che sì, l’Isola di Mull mi piace da matti per il suo essere selvaggia e lontana da tutto, ma essere trattati come alieni per aver chiesto un pasto alle otto di sera anche no! Echec***…
Ma poi che notte, Celeste! Ci credo che eri impanicata, lo sarei stato anche io! 0_0
Ale… magari fossero state le 8. Al ristorante siamo arrivati alle 7, ciò significa che al pub erano le 6.45 o giù di lì. Ma è stata più l’assurdità della situazione a farci stranire, non è che dovessero riaprire per noi eh… ma vabbè, diciamo che alla Scozia si perdona tutto! E non è stata comunque peggio di quella volta in Repubblica Ceca che abbiamo cenato alle 5.30 di pomeriggio xD
Quella nottata è entrata di diritto tra i miei peggiori incubi, meno male che la giornata successiva è riuscita a smorsare l’ansia
Celeste, potresti cambiare il nome del blog in “disavventure in viaggio” 😛
Ma è increbile caspita, capitano tutte a voi? Però le racconti in modo così comico che una risata mi scappa sempre 😛 In ogni caso poi è bello vedere come la Scozia si fa perdonare donandovi quelle piccole perle che descrivi così bene! Bellissime anche le foto! Ho riprovato le emozioni di alcuni anni fa mentre, con lo stesso traghetto, raggiungevo io stessa Mull passando davanti a Duart Castle <3
Io la traversata per raggiungere Iona te la invidio eccome Beatrice, e anche l’aver visto il Duart Castle senza mille impalcature. Per il resto… mi sa che hai ragione, ce ne succede sempre una xD
La prendo a ridere ora, ma sul momento volevo rintanarmi in bagno e piangere. Però Mull si è fatta perdonare eccome, avrei gradito se qualche aquila fosse uscita allo scoperto certo… un bacione!
Come Beatrice ti suggerisco di cambiare il titolo in “disavventure in viaggio” 😉 E tieni conto che te lo dice una persona che le “sciagure” le attira come una calamita!
Scherzi a parte, io ero stata a Oban ma ti parlo di anni fa, e all’epoca non era ancora troppo turistica. Le isole invece purtroppo non le abbiamo viste per mancanza di tempo ma spero di rimediare presto perché sicuramente i paesaggi sono ancora più estremi di quelli della Scozia “continentale” (non so se si dica così).
Chissà perché al ristorante proprio non vi volevano 😂
Le isole sono un concentrato di Scozia! Quello che nella parte continentale (credo si dica così) trovi nel giro di 200/300km, su Mull e sulle altre è in scala ridotta, è uno spettacolo unico! Ti auguro proprio di riuscire ad andarci perché sono paesaggi che ti fanno vedere il mondo in modo diverso.
Vedrò come vanno i nostri prossimi viaggi prima di cambiare il nome al blog allora xD anche se anche l’inizio di Atene è stato da panico, aiutoooo!! Poi se me lo dici te che sei un’esperta!