Perché Kruševac è una delle mete da non perdere in Serbia

Sono tante e svariate le ragioni che ti portano a visitare a più riprese un determinato Paese, e cambiano di persona in persona.
Basta guardare noi quando si parla di Serbia: Pavel ci tornerebbe all’infinito, spinto da una passione ormai travolgente per lingua e cultura. Il mio invece è più un interesse “architettonico”, se così possiamo chiamarlo. Datemi un mix di brutalismo, chiese ortodosse e “spomenik titini” e sarò una bambina felice. Inutile dire che il punto d’incontro è sempre e comunque il cibo tipico, ćevapi e affini in particolare. Mi azzarderei a dire che ormai l’abbiamo girata abbastanza la Serbia, e non sono tante le città in cui ho sentito di aver fatto bingo. Tra queste c’è sicuramente Kruševac. Ne hai mai sentito parlare? Nemmeno io, almeno fino al 2021.

Non è che sia proprio qualcosa di cui vantarsi, parliamoci chiaro. Kruševac è stata una delle vecchie capitali della Serbia ed ha giocato un ruolo chiave nella Battaglia della Piana dei Merli (o Battaglia del Kosovo – 15 giugno 1389), che sancì l’inizio di quell’occupazione ottomana nei Balcani che sarebbe durata per i secoli a venire. Il principe Stefan Lazar Hrebeljanović la scelse come punto strategico, trasformando un piccolo insediamento in una città fortificata dove radunare l’esercito prima dello storico combattimento. È grazie a lui che oggi possiamo ammirare i resti della Cittadella di Lazar, parco archeologico che oltre alla torre ed al bastione custodisce la meravigliosa Chiesa Lazarica. In realtà è l’intera città a celebrare il sovrano e l’immensa importanza di una battaglia che, purché persa in maniera disastrosa, rimane per i serbi uno degli eventi più importanti della loro storia. E così nel centro urbano si ricorda con un possente monumento il punto da cui l’esercito partì verso sud, proprio all’ombra di uno degli edifici brutalisti più interessanti (leggi folli) che abbia mai visto.

Kruševac mi ha colpita ed affondata prima che aggiungessi al tutto lo spomenik park Slobodište. Una sorpresa dietro l’altra, senza farmi prendere respiro.
E allora lascia che te la racconti, e che ti mostri come la città si meriti di diritto di far parte del tuo itinerario in Serbia.

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5 ottime ragioni per visitare Kruševac

1. La fortezza di Kruševac, o Cittadella di Lazar

La ragione principale, spesso forse la sola, per cui si decide di visitare Kruševac è poter ammirare i resti della Cittadella di Lazar, insediamento originario della città oggi trasformato in parco archeologico. È lo stesso sovrano, seduto con la sua possente spada sul ventre, ad accogliere i visitatori nel cuore dell’antico centro politico, culturale e militare del principato della Serbia Moravica. La fortezza servì infatti non solo come residenza di Lazar, ma anche e soprattutto come bastione difensivo strategico contro gli attacchi ottomani. Se ne può immaginare la grandiosità ammirando gli ancora possenti resti della torre di Donžon, che svetta in netto contrasto con i moderni palazzoni di cui la Serbia è ricchissima.

La vera protagonista rimane però la chiesa di Lazarica: costruita tra il 1375 ed il 1378 e dedicata a Santo Stefano, è uno dei esempi più alti dello stile moravo serbo e dell’architettura medievale serba in generale. La chiesa combina infatti tradizioni locali con influenze bizantine specialmente negli affreschi interni, molti dei quali andati perduti, mentre i motivi geometrici, archi intrecciati e rosette all’esterno sono tutti elementi tipici dello stile moravo. Non la si può relegare a semplice luogo di culto, è un importante simbolo storico per la Serbia: leggenda narra che il principe Lazar e i suoi uomini abbiano pregato qui prima della battaglia del Kosovo contro l’impero ottomano.
Il parco archeologico ospita anche la sede locale del Museo Nazionale, che si concentra sull’antica capitale e su tutta la regione circostante.

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2. Il centro città ed i suoi contrasti

Nonostante l’innegabile fascino della Cittadella di Lazar, ad avermi conquistato è stato il centro “moderno” della città. Ho messo l’aggettivo tra virgolette perché di moderno nell’accezione classica del termine ha poco o niente, ma d’altra parte in Serbia trova reale riscontro forse solo a Belgrado. Il mio moderno è inteso come architettura moderna o, come mi piace di più definirla, architettura brutalista; ovvero una delle ragioni per cui non mi stancherò mai di tornare nei Balcani.
Cemento e forme squadrate svettano ovunque, occupano ogni spazio, e lo fanno sottoforma di edifici mastodontici. L’esempio più lampante è nel cuore pulsante di Kruševac, intorno a quella Piazza degli eroi della battaglia del Kosovo abbellita da aiuole e da un monumento alato datato 1882. Va tutto bene finché ci si concentra sulla parte centrale e sull’elegante palazzo sede del municipio sul lato nord; ma appena si sposta lo sguardo, certezze ed aspettative spariscono.

Il palazzone con l’insegna al neon “Extra Arabica” è una delle icone locali, non so se si possa dire lo stesso del parallelepipedo costruito su un altro parallelepipedo e tenuto in piedi da altri vari parallelepipedi che ai tempi della nostra visita ospitava un night club, un agenzia di scommesse e altre robe di dubbio gusto; credo che mi abbia turbato quasi quando la Genex Tower belgradina, il che è tutto un dire. Pare promettere “bene” anche il nuovo centro congressi, che sicuramente andrà a braccetto con il Maxi Supermarket o il Panda Market all’angolo. Insomma, un’accozzaglia alla quale si vorrebbe disperatamente trovare un senso, anche se un senso non ce l’ha. Ed il bello è proprio questo.

Pensare che in tutto questo marasma si nasconde un piccolo gioiello, la casa della famiglia Simić. L’edificio è il più antico di tutta Kruševac, ma la sua importanza storica non si ferma qui: è infatti il luogo da cui nel 1835 iniziò la rivolta di Mileta contro il principe Miloš Obrenović I di Serbia.

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3. Slobodište, il parco commemorativo della città

Durante l’occupazione nazista, fu soprattutto la Serbia centrale (inclusa quindi Kruševac) ad essere vittima degli attacchi più violenti da parte delle forze dell’Asse. In circa 1650, principalmente partigiani e civili, vennero fucilati sul monte Bagdala tra il 1941 ed il 1944 ed i loro corpi lasciati in fosse comuni. Proprio in loro memoria, sulla stessa collina sorge dal 1965 lo spomen park Slobodište.
Il modo in cui il celeberrimo architetto Bogdan Bogdanović ha concepito il complesso è una celebrazione della vita passando attraverso la morte. Per farlo, ha utilizzato al solito (non dimentichiamoci che moltissimi degli spomenik più famosi di tutta l’ex Jugoslavia sono opera sua) un simbolismo molto spiccato grazie a molteplici elementi scultorei, che in questo caso risultano particolarmente integrati con la natura circostante.

Il portale in pietra tra due tumuli è l’ “Arco Solare” o la “Porta della Morte”, per il quale Bogdanović si è ispirato alla rappresentazione del sole nel Neolitico. Se è vero che i tumuli custodiscono ancora oggi i resti delle vittime, attraversando il semicerchio verso sud si arriva alla “Valle dei Vivi”, anch’essa nella forma a U che si ritrova in continuazione nel parco ma stavolta disseminata da 12 ali in pietra che si arrampicano sù per la collina. A me sono sembrate quasi delle farfalle, una magnificamente diversa dall’altra. I punti in cui l’architetto le ha posate personalmente non sono casuali, ma vennero scelte da lui insieme ad una scolaresca locale alla quale chiese di giocare e correre per trovare la configurazione più adatta.

L’intero complesso si estende per ben 13,5 ettari e i due elementi non sono di certo gli unici ad occuparli, sono semplicemente quelli che mi hanno colpita di più. Nonostante la tragedia immane consumata dove ora sorge verdissima erba, le sculture danno un senso di pace e di rispetto per il sacrificio compiuto. Visitarlo poi con i colori dell’autunno, con il giallo e l’arancione a creare contrasto con verde e grigio, ha reso l’intera esperienza ancora più indimenticabile. E forse addirittura più catartica del memoriale di Kadinjača.
Per sapere di più sugli spomen park tanto cari al maresciallo Tito, la migliore fonte è Spomenik Database.

4. Il Monastero della Protezione della Santa Vergine di Đunis ed il Monastero di San Romano

Pare che ci siano così tanti monasteri in Serbia che nessuno conosca il numero esatto.
Certo è che in mezzo a quelli secolari (per me il più bello in assoluto rimane il Monastero di Manasija) ce ne sono altri di più recente costruzione, riconoscibili principalmente per la vivacità dei colori. Che alcuni di essi, enormi e sontuosi, sorgano in zone piuttosto povere ed abbandonate a se stesse è stata una nota davvero stonata per me, ma questo è un altro discorso.
Il contrasto tra vecchio e nuovo lo si può ammirare anche negli immediati dintorni di Kruševac, dove a pochi chilometri di distanza sorgono l’antico Monastero di San Romano ed il Monastero della Protezione della Santa Vergine, aperto ufficialmente nel 2001 dopo decenni di lavori.

Nonostante le dimensioni piuttosto ridotte, il Manastir Sveti Roman sprigiona spiritualità in ogni angolo. Do merito anche alla stagione, con gli splendidi colori autunnali che facevano da cornice al campanile solitario, il fruscio delle foglie secche reso ancora più netto dalla quasi totale assenza di altri umani. La chiesa è piuttosto piccola, così l’antica cappella affrescata con il blu ed il verde che spiccano sul resto sembra ancora più mistica. Si pensa che la costruzione risalga al XIV o XV secolo, ma non ci sono notizie certe che lo attestino; quel che è certo è che al suo interno sono custodite le spoglie di Roman Sinait, il monaco a cui è stato dedicato il complesso, ma anche del nobile russo Nikolay Nikolayevich Raevsky, dal quale il celeberrimo scrittore russo Tolstoy ha preso ispirazione per il personaggio del conte Vronsky in “Anna Karenina”.

Il Manastir Pokrova Presvete Bogorodice di Đunis invece è tutt’altro che austero, spicca maestoso all’orizzonte anche grazie al rosso mattone che contraddistingue l’edificio sacro. Si sviluppa intorno alla sorgente vicino alla quale la piccola Milojka Jocić nel 1898 ricevette la visita della Madonna, che le indicò nell’acqua della fonte un mezzo miracoloso per guarire i malati. La chiesetta in legno originaria che qui venne costruita fu col tempo sostituita da una in mattoni e, grazie alle donazioni della gente del posto, si è arrivati ad avere uno dei monasteri più visitati dell’intera regione. Nato come monastero maschile, oggi è femminile, ragione per cui prima di poter camminare liberamente per il complesso le donne devono indossare una gonna e coprirsi la testa; sia gonne che foulard/veli sono disponibili all’ingresso e conviene approfittarne subito, altrimenti verrete come me rincorsi da una suora di cui non parlate la lingua ma che vi pregherà di seguirla.  Ça va sans dire, gli uomini possono stare a capo scoperto.

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5. La gente di Kruševac

I Balcani sono famosi anche per l’ospitalità della sua gente. In Serbia siamo sempre stati accolti benissimo ovunque, e l’essere italiana ha spesso rappresentato un vantaggio non da poco in questo senso. Se dovessi fare un’estemporanea classifica, al primo posto ci sarebbe senza dubbio Kruševac, che almeno per il momento non è certo una delle mete più visitate della Serbia dai turisti stranieri e che per questo li tratta con i guanti. Tra tutti, non credo potrò più dimenticarmi la signora dell’ufficio di cambio lungo la Nemanjina.

Proprio per la quasi assenza di turismo internazionale, almeno fino al 2022 non erano stati implementati sistemi di pagamento del parcheggio se non tramite SMS. Noi, che una SIM locale quando siamo fuori UE la prendiamo sempre, ce l’avevamo anche in questo caso, ma senza credito perché prepagata con internet incluso. Quando siamo andati a chiedere consiglio su metodi alternativi o parcheggi gratuiti, la signora non solo si è offerta di pagarci la sosta senza volere niente indietro, ma anche di “badare” all’auto ed allungare la sosta qualora non fossimo tornati entro la scadenza. Ci ha addirittura ringraziato, lei a noi, di aver scelto la sua città come destinazione. Anche ad anni di distanza, non posso non ripensare a lei!

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