Il monastero di Manasija, gioiello della Serbia medievale

Pare che in Serbia ci siano così tanti monasteri che nessuno ne conosca il numero esatto.
Tradotto nella “lingua dei viaggiatori” e per chi, come è successo a me, si appresta a buttare giù un itinerario per un viaggio in auto in Serbia, scegliere quale visitare è un’impresa titanica.  Sulla mappa ne spuntano ad ogni angolo, e non si può contare troppo sull’aiuto di Google, dove i livelli di apprezzamento sono letteralmente alle stelle (non credo di essere riuscita a trovarne uno sotto le 4.6). Io ho puntato sull’opzione più semplice, facendo parlare le immagini e tralasciando del tutto la storia. Certo è che quando sullo schermo ti appare una qualsiasi foto del monastero di Manasija, tutto diventa subito chiaro.

La prima impressione che ho avuto, in fase di programmazione dico, è stata quella di  ammirare una cittadella medievale fortificata, un po’ come la nostra Monteriggioni, più che un luogo di culto. Insomma, poco o niente dal lato spirituale rispetto a quello militare. Questo prima di trovarmi al cospetto del torrione d’ingresso ed entrare in un piccolo universo che di spirituale ha molto, se non tutto. Tanto da farmi passare la tristezza per non essere riuscita a raggiungere il monastero di Studenica, conosciuto a livello mondiale, e non a caso parte del patrimonio UNESCO della Serbia.
Perché Manasija è così speciale e così unica nel panorama storico serbo? Vediamolo insieme!

Veduta d'insieme del monastero di Manasija, Serbia

Manasija, costruzione e ruolo nella storia

Il monastero serbo-ortodosso di Manasija (conosciuto anche come Resava, dal nome del fiume che gli scorre accanto) venne fondato nel 1407 dal despota Stefan Lazarević, o in italiano Stefano III Lazaro. Si trova nella Serbia centrale, ad un paio di chilometri dalla città di Despotovac, a lui intitolata. Stefan voleva costruirsi un mausoleo mentre era ancora in vita, ma negli 11 anni di lavori non si limitò ad una chiesa che potesse ospitare a dovere le sue spoglie: essendo lui stesso scrittore, artista e traduttore, rese da subito la scuola di Resava un centro culturale di spicco della regione. Per questo, insieme alla Chiesa della Santissima Trinità, comparvero anche un refrettorio e degli alloggi per i monaci. Non monaci qualsiasi, ma dall’alta educazione, capaci di redigere e decorare manoscritti, più ovviamente tradurne di antichi da slavo, greco e latino. Lavoro che proseguì con fervore anche dopo la caduta del despotato per mano dei turchi.

Il massiccio sistema difensivo che circonda il complesso, ciò che lo rende così memorabile ed indimenticabile, fu progettato proprio per trasformare il monastero ed il suo prezioso contenuto in una fortezza inespugnabile. Sono ben 11 (più 1, oggi non più visibile) i torrioni, uniti tra loro da delle alte e massicce mura con all’interno delle gallerie, architettura militare “presa in prestito” dai bizantini e altrimenti estremamente rara in Serbia. A spiccare è la torre del despota (Donžon), più alta e robusta delle altre, il vero vanto dell’intera struttura. Che però, ahimé, non fu abbastanza contro gli attacchi nemici.

Le cronache parlano di un terribile incendio datato 1456, che anticipò di appena due anni la conquista turca. Durante i secoli di occupazione, Manasija venne abbandonato e devastato in molteplici occasioni, fino ad arrivare al crollo del tetto della chiesa (con la conseguente perdita di buona parte degli affreschi) e a successive gravi esplosioni. Ai turchi si sostituirono gli austriaci all’inizio del XVIII secolo, e proprio grazie a loro si cercò di riportare agli antichi splendori il complesso. Tuttavia, solo a partire dal 1956 cominciano dei seri lavori di restauro, che vanno avanti ancora oggi. Il monastero appartiene alla Repubblica di Serbia, che nel 1979 lo ha dichiarato Monumento Culturale di Eccezionale Importanza, anche se il riconoscimento più grande è forse l’ingresso nella lista delle candidature per entrare nel patrimonio UNESCO datata 2010.

Quattro torrioni vegliano l'ingresso al monastero di Manasija, Serbia centrale

La Chiesa della Santissima Trinità, mausoleo di Stefan?

Una volta superata l’emozione di trovarsi al cospetto del grandioso sistema difensivo, che sembra come farsi largo nell’unico punto pianeggiante tra le colline, l’attenzione è tutta per la Chiesa della Santissima Trinità. L’edificio sacro appartiene alla cosiddetta scuola di Morava, stile architettonico ecclesiastico in voga nel tardo medioevo e che a Manasija trova forse la sua più alta espressione. Dopotutto, siamo di fronte a quello che viene considerato uno dei monumenti più significativi della cultura medievale serba.

Ciò che rende la chiesa un vero tesoro sono gli affreschi, che purtroppo si sono conservati per circa un terzo appena. Pare che già al momento della consacrazione, nel giorno della Pentecoste del 1418, fossero ben 2000 i metri quadrati ricoperti di decorazioni a tema religioso. Per realizzarli, il despota Stefan aveva ingaggiato “i più onorati ed abili lavoratori, i più esperti pittori di icone“, come scrisse il suo biografo ufficiale, Costantino il Filosofo. Riuscì perfettamente nel suo intento. Nei dipinti di Resava, a scene della vita di Gesù Cristo si alternano i volti dei profeti dell’Antico Testamento, i santi guerrieri della storia serba ed ovviamente lo stesso Stefan Lazarević. Raffigurato nel fiore degli anni, stringe nella mano destra uno scettro mentre nella sinistra tiene la Santissima Trinità, rappresentata dalla chiesa.

Dal punto di vista architettonico, particolare è l’utilizzo del nartece, un atrio staccato dalla parte principale e che funge da ingresso per le navate. Essendo una caratteristica tipica delle basiliche bizantine, il suo utilizzo conferma la perfetta fusione dello stile ortodosso serbo a quello bizantino realizzata a Manasija.

Ultima, ma non per importanza, una questione che ad oggi è ancora un mistero: il despota Stefan riposa o no nel monastero di Resava? Sì, secondo quanto riportava Costantino e da quanto sostengono varie fonti. La realtà è che scavi archeologici datati 2006 hanno riportato alla luce dei resti seppelliti nella parte sud-ovest della chiesa, e che tali resti secondo l’analisi del DNA appartengono ad un parente molto stretto del Principe Lazar, padre di Stefan. Tuttavia, non ci sono dubbi che il fratello Vuk fu inumato a Manasija, senza contare che la Chiesa Ortodossa Serba ha dichiarato (prima del ritrovamento) che i resti di Stefan si trovano nel piccolo monastero di Koporin, di sua fondazione. Chissà se conosceremo mai la verità…

La nostra visita al monastero di Manasija

Siamo approdati a Manasija nel primo pomeriggio, come fermata intermedia del tragitto tra Kragujevac e la fortezza di Ram.
Una veduta d’insieme scattata da un drone e sbucata fuori digitando “i monasteri più belli della Serbia” era bastata a convincermi all’istante ad aggiungerlo al nostro itinerario, e mai scelta fu più azzeccata. Le mura e le torri di Resava sbucano tra gli alberi ben prima di raggiungere il piccolo parcheggio di fronte all’ingresso. Che già promette bene, con un piccolo mosaico raffigurante la Chiesa della Santissima Trinità a dare il benvenuto.

Una volta dentro, è l’edificio sacro la prima sagoma che si mette a fuoco. La prima appunto, ma di certo non l’ultima: ci sono i resti dell’antico refrettorio, un centro informazioni/negozio, le celle monastiche (oggi occupate da un’attivissima comunità di suore), ed ovviamente gli imponenti torrioni, che davvero ti fanno sentire come se niente e nessuno al mondo potesse mettere piede nel monastero senza il loro benestare. Purtroppo non è possibile percorrere il percorso che le unice, nonostante la “passeggiata” faccia credere altro… alla nostra richiesta, ci è stato risposto che al momento sono inaccessibili, sia mai che la cosa cambi in futuro. Per avere una parziale visione da un punto più alto, l’unica possibilità è salire sulla rampa di scale che affiancano la Torre del Despota; credimi, ogni tua cellula vorrà trasformarsi in un uccellino e volare sul monastero per goderne della bellezza assoluta, quindi ogni escamotage è una manna dal cielo.

Alla Chiesa della Santissima Trinità è stato possibile accedere soltanto accompagnati. Nel nostro caso una ragazza, la “guardiana delle chiavi”, ci ha aperto la porta ed è venuta dentro con noi (unici visitatori in quel momento), sia per sorvegliarci che per rispondere ad eventuali domande. È stata davvero molto gentile e disponibile, ma allo stesso tempo categorica: vietato fare foto agli interni (ma viene in nostro aiuto questo tour virtuale a 360° di Manasija), presumo per non rovinare ulteriormente i così già fragili affreschi. Talmente delicati che ogni tentativo di restauro è stato interrotto ancora prima di cominciare. Ciò che mi ha colpito è stato lo spazio tutto sommato angusto ma dipinto in ogni dove, pilastri inclusi. Cosa doveva essere stato nel medioevo!

La visita si è conclusa nel piccolo ma fornitissimo negozio. Oltre ad immancabili icone sacre, libri, piccoli altarini, gioielli e decorazioni a carattere religioso, è possibile acquistare ciò che le suore producono personalmente: miele, vino, succhi di frutta freschi (abbiamo fatto scorta di quello al lampone, buonissimo), piccoli oggetti e soprammobili tradizionali, saponi, addirittura vestiti. La ciliegina sulla torta per un’esperienza davvero unica. Non so se tutti i monasteri della Serbia abbiano la stessa atmosfera di Manasija, ma nel dubbio non ne lascerei indietro nemmeno uno.

La chiesa della Santissima Trinità a Manasija circondata da torri e mura

Informazioni pratiche: dove si trova Manasija, come raggiungerla, orari, ingresso

Manasija si trova nella Serbia centrale, all’interno del distretto di Pomoravlje e a circa 135km a sud della capitale Belgrado.
Raggiungerla in auto (ed accompagnati da un fidato navigatore) è semplicissimo, le strade in questa regione sono in buono stato e senza troppe curve. Se si viaggia con i mezzi, l’unica opzione è raggiungere Despotovac in bus da Belgrado e camminare fino ai piedi delle mura; la autobuska stanica dista appena 2,7km – una mezz’ora a piedi.

Il monastero di Resava è aperto tutti i giorni, l’orario cambia a seconda della stagione: da maggio ad ottobre (inclusi) è possibile accedere alle 8 alle 19, da novembre ad aprile (inclusi) dalle 8 alle 16. Sia l’ingresso che il parcheggio sono gratuiti.

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