Il 2018 è un anno simbolicamente importantissimo per la Repubblica Ceca, che si trova a celebrare ben due anniversari “tondi”: i 100 anni dalla nascita dell’allora Cecoslovacchia ed i 50 dalla Primavera di Praga. Ovvero gli avvenimenti della storia moderna che l’hanno resa ciò che è oggi, con i suoi infiniti pregi ed i suoi altrettanto numerosi difetti.
Prima di parlare di come il Paese, e soprattutto la capitale, si stia preparando per onorare al meglio il centenario, credo sia doveroso qualche cenno storico. Cercherò di non dilungarmi più del dovuto, anche se non sarà facile viste le dinamiche profonde e complicate. E vorrei ringraziare, di cuore, Pavel per avermi coinvolto attraverso articoli, film e documentari; aver cercato di farmi capire, per quanto possibile, com’è stato. Come LORO l’hanno vissuta, e quanto qualche ferita di un passato ancora troppo recente non si sia ancora completamente rimarginata.
Come e perché nasce la Cecoslovacchia
La Cecoslovacchia nasce il 28 ottobre 1918 dalle ceneri dell’impero austro-ungarico, sbriciolato durante la I Guerra Mondiale.
Oltre ai cechi ed agli slovacchi, i cui territori vengono uniti a fronte della vicinanza linguistica e culturale, a far parte del nuovo stato entrano anche delle minoranze che occupano zone di confine, come la Slesia e la Rutenia Subcarpatica; altro discorso è quello dei Sudeti, che di fatto sono tedeschi in terra boema.
Si riveleranno proprio i Sudeti la causa della fine di quella che viene comunemente definita Prima Repubblica, con la cessione dei territori da loro occupati alla Germania (1° ottobre 1938), e con la relativa perdita di alcune regioni a favore di Ungheria e Polonia.
L’artefice della nascita della Cecoslovacchia è essenzialmente uno: Tomáš Garrigue Masaryk, filosofo sociologo e politico moravo costretto all’esilio durante la guerra; esilio che tuttavia gli da la spinta per girare il mondo e per portare avanti la sua campagna per la creazione di uno stato che unisse cechi e slovacchi. La campagna vedrà la sua realizzazione il 30 maggio 1918 a Pittsburgh, al cospetto del presidente americano Woodrow Wilson. Non è quindi una sorpresa che Masaryk venga eletto dall’Assemblea nazionale provvisoria primo presidente della Repubblica cecoslovacca, per poi essere rieletto per 4 mandati consecutivi.
Ancora oggi, la sua figura è ricordata con gratitudine ed estrema ammirazione, ed è simbolo di quella libertà conquistata con tanta fatica, ma che sarebbe durata poco oltre la sua morte. Allo stesso modo, spesso si parla con nostalgia (anche da parte di chi non l’ha vissuta) della Prima Repubblica come un’epoca di splendore e prosperità, che ha visto la Cecoslovacchia spiccare come una delle poche repubbliche democratiche del centro ed est Europa; un’epoca che di fatto non è più tornata.
Vlastenectví je láska k vlastnímu národu, nikoli nenávist k jiným.
Il patriottismo è l’amore verso il proprio popolo, non l’odio verso gli altri.
T.G. Masaryk
La Seconda Repubblica e l’invasione tedesca
A differenza della Prima Repubblica, la seconda dura appena 167 giorni ed è un susseguirsi di eventi tragici per il neonato Paese.
Gli Accordi di Monaco l’avevano privato di vaste porzioni di territorio assegnate a Germania ed Ungheria, indebolendo pesantemente i confini e costringendo il governo centrale a concedere maggiori libertà alle rimanenti minoranze. L’istituzione di governi autonomi locali in realtà era stata promessa e mai concessa già nel 1918, e da sempre è una delle maggiori cause dei contrasti interni. Nemmeno dopo il parziale smembramento, le tensioni riescono però ad allentarsi, soprattutto a causa dei partiti slovacchi che chiedono a gran voce l’indipendenza.
Uno smembramento del giovane stato è proprio ciò che servirebbe ad Hitler per rafforzarsi ulteriormente prima di invadere la Polonia. Così la Slovacchia, in cambio della sua “offerta” di difesa contro gli ungheresi, si dichiara indipendente il 14 marzo 1939; appena due giorni dopo, Hitler sale al castello di Praga per proclamare l’istituzione del Protettorato tedesco di Boemia e Moravia.
A distanza di appena 21 anni, i cechi devono dire di nuovo addio alla libertà.
La II Guerra Mondiale ed la Terza Repubblica
La forte repressione tedesca non si fa attendere: vengono aboliti i partiti, limitata la libertà di stampa, nonchè applicate le famigerate leggi raziali di Norimberga. Durante la guerra, Hitler mette al comando del protettorato Reinhard Heydrich, colui che passerà alla storia col nome di “boia di Praga”; morirà in seguito a ferite riportate durante l’operazione Anthropoid (della quale vi parlerò a parte), i cui risvolti saranno orribili per i cechi.
Di fatto, il protettorato viene coinvolto direttamente nel conflitto solo nelle battute finali, con i bombardamenti degli alleati a Praga e Plzeň; sono i carri armati sovietici a sancire la liberazione dai nazisti il 9 maggio 1945. Liberazione che, di fatto, sarà un semplice passaggio di consegne.
La fine della guerra vede la nuova istituzione dello stato cecoslovacco sotto la guida di Edvard Beneš. Stato dal quale sono banditi molti partiti slovacchi, e che vede la nazionailizzazione di ampie fette d’industria.
La delusione per il comportamento degli stati occidentali dagli Accordi di Monaco in poi, fa avvicinare i cechi all’Unione Sovietica attraverso l’adesione al Partito Comunista di Cecoslovacchia (KSČ). Il KSČ ottiene “in qualche modo” la maggioranza dei seggi già alle elezioni del 1946, pur avendo ricevuto appena il 40% dei voti, con Klement Gottwald, leader del partito, che viene eletto primo ministro.
Nel 1947, lo stesso Gottwald accetta di prendere parte alla discussione con gli Alleati al cosiddetto Piano Marshall, decisione che gli costa l’immediata convocazione a Mosca da parte di Stalin. La ritrattazione è immediata, la radicalizzazione politica pure: purghe e forti censure sono all’ordine del giorno e sono il preludio alla nuova costituzione, di fatto un golpe, del 1948.
La Repubblica Socialista Cecoslovacca
Sebbene un’ampia fetta della popolazione appoggi il partito comunista, sono più numerosi coloro che non si lasciano abbindolare, e che sognano finalmente la libertà per la propria nazione. Già, perché la Cecoslovacchia è di fatto sotto dittatura, e l’avanguardia sociale ed economica raggiunta nel corso della Prima Repubblica è ormai un lontano ricordo.
I presidenti Antonín Novotný prima e Alexander Dubček poi, cercano di far fronte al malcontento popolare introducendo delle leggi che portino ad una ripresa dell’economia, pur non allontanandosi dalle ideologie dell’URRS.
Il secondo in particolare è l’artefice di ciò che viene definito “Socialismo dal volto umano“, che punta a donare una maggiore libertà politica, di stampa e di espressione.
È con la sua elezione, il 5 gennaio del 1968, che si fa formalmente iniziare la Primavera di Praga, quella serie di riforme e concessioni che danno nuova linfa vitale ai cechi ed agli slovacchi.
La ventata d’ottimismo dura però appena 7 mesi e mezzo: vista l’inefficacia dei mezzi diplomatici russi per ristabilire “l’ordine”, Leonid Brežnev procede con l’invasione militare. È la notte tra il 21 ed il 22 agosto 1968 quando i carri armati del Patto di Varsavia fanno il loro ingresso a Praga.
La Rivoluzione di Velluto e la fine della Cecoslovacchia
Tranne qualche tentativo di protesta pacifica da parte di studenti ed intellettuali, il ventennio successivo è caratterizzato da una forte e costante repressione sovietica, con un netto impoverimento della popolazione ed una regressione economica che sembra inarrestabile.
La fiamma che scatena la rivolta finale scaturisce a Teplice, nel nord della Boemia (la città di Pavel), quando nella piazza centrale viene organizzata una manifestazione, presa sotto gamba dal partito comunista, contro lo smog e l’irrespirabilità dell’aria. La protesta prosegue e si allarga subito ad altre città in giro per il Paese fino a giungere nella capitale, dove un gruppo di studenti chiede a gran voce la riforma del sistema educativo (17 novembre 1989).
Nonostante la dura repressione della polizia, le dimostrazioni diventano sempre più vigorose e numerose; è metà dicembre quando il partito finalmente crolla. E non è un caso che le prime elezioni democratiche dal 1946 vedano trionfare il rivoluzionario Václav Havel. È con lui, considerato l’artefice della Rivoluzione di Velluto, che si apre una nuova era, un’era che vede Repubblica Ceca e Slovacchia come due Paesi autonomi.
È il 25 novembre 1992 quando il parlamento vota infatti per la divisione di due stati apparentemente simili, ma che in realtà hanno convissuto spesso forzatamente per lunghi 75 anni.
La Repubblica Ceca oggi
Nonostante le prevedibili difficoltà post regime, la Repubblica Ceca è riuscita pian piano a riemergere dal baratro in cui era stata fatta sprofondare.
Nel bene e nel male, non ha niente da invidiare agli altri paesi della Comunità Europea, ai quali soprattutto la capitale si è rapidamente uniformata, trasformandosi in una città cosmopolita a tutti gli effetti. Un dato in particolare fa riflettere: la disoccupazione è tra le più basse a livello mondiale, ed addirittura l’offerta supera la domanda.
Sono tantissimi i giovani ed i meno giovani che tentano la fortuna a Praga, spesso prendendo sottogamba il fattore della lingua e della ormai proverbiale “cordialità” dei cechi. Che, posso assicurarvelo, sotto quelle teste dure e quella corazza apparentemente inespugnabile, nascondono un cuore d’oro. E basta davvero poco per farglielo tirare fuori. Dopo quello che hanno passato, la diffidenza nei confronti dello straniero, qualsiasi straniero, è più che comprensibile… no?
Dal 2000, anno in cui ho “incontrato” Praga, ho assistito a questa continua trasformazione, una trasformazione forse fin troppo fulminea. Centri commerciali megagalattici costruiti alla velocità della luce, prezzi degli immobili alle stelle, supermercati non più così convenienti. La mia speranza è che riesca a mantenere quell’autenticità e quella unicità che l’hanno sempre contraddistinta, senza vendere forzatamente l’anima al “diavolo”.
Anche se temo l’abbia già fatto.
Le celebrazioni per il centenario a Praga e nel resto del paese
Mentre l’anniversario dei 50 anni dalla Primavera di Praga non richiama, logicamente, particolari festeggiamenti, il centenario dalla fondazione della Cecoslovacchia prevede molte celebrazioni in giro per il Paese.
Praga
Saranno il castello, il teatro nazionale ed il Museo Nazionale ad ospitare i maggiori avvenimenti della capitale.
Il castello farà da cornice a diverse esposizioni temporanee dal nome di Založeno 1918 (Fondato nel 1918) che raccontano vari aspetti della storia della Repubblica Ceca.
Il 14 settembre ci sarà invece la nuova ed attesissima messa in scena dell’opera Libuše del grande compositore Bedřich Smetana, la cui ultima interpretazione risale al 1995.
Il cuore delle celebrazioni sarà però il Museo Nazionale, con le sue molteplici sedi sparse per la città. Una mostra collettiva verrà allestita al castello di Bratislava, per poi essere trasferita nella sede storica di Piazza Venceslao (riaperta per l’occasione dopo i restauri iniziati nel 2011), dove rimarrà dal 28 ottobre al 30 giugno 2019. Mostra che parlerà dell’incredibile storia della realizzazione di un’idea utopica per quell’epoca storica: la creazione di uno stato indipendente nel cuore dell’Europa. Verranno esposti per la prima volta i documenti originali degli Accordi di Monaco, degli Accordi di Pittsburgh, il protocollo Hácha-Hitler e molti altri. Insomma, un evento da non perdere assolutamente.
Inoltre, come ogni anno in occasione dell’anniversario, verranno eccezionalmente aperti al pubblico i luoghi del potere: il Senato, la Camera dei Deputati, le residenze di sindaco e primo ministro, parte della casa municipale.
Plzeň
In città e nella regione si terranno, fino alla fine dell’anno, concerti, mostre, spettacoli e festival. Di particolare interesse è il fine settimana storico (8-10 giugno) in stile Prima Repubblica. Le celebrazioni vere e proprie ci saranno proprio il 28 ottobre: oltre all’entrata gratuita in musei, monumenti e gallerie, verrà messa in scena Libuše ; seguiranno l’accensione dei lampioni della città con i colori della bandiera, ed i fuochi d’artificio a tema, accompagnati dal canto dell’inno.
Dal 21 novembre al 24 febbraio 2019, infine, si terrà una mostra incentrata sull’architettura di Plzeň dal 1918 al 1938, durante la quale sarà anche possibile visitare alcuni degli interni realizzati dal grande architetto Adolf Loos.
Brno
La capitale della Moravia ospiterà dal 26 maggio al 17 luglio il Festival Re:publika 1918-2018, che prenderà in esame ogni aspetto del centenario: non solo avvenimenti quindi, ma anche personaggi, opere, invenzioni e così via.
Non lontano da Brno, a Zlín, sarà invece possibile visitare il museo delle calzature di Baťa e i quartieri residenziali realizzati dal grande industriale per i suoi dipendenti. Proprio grazie a lui, durante la Prima Repubblica, Zlín era una delle città più moderne d’Europa.
Celebrazioni di diversa entità verranno organizzate in tutta la Repubblica Ceca. Per ulteriori informazioni, vi rimando alla pagina in lingua ceca Tudy z Nudy.
Una mostra per ricordare il 1968 in Repubblica Ceca e nel mondo
Ammetto che, quando si tira in ballo il 1968, penso istantaneamente alla Primavera di Praga ed a nulla più. Vuoi per superficialità, vuoi per ignoranza, vuoi per gli studi intrapresi, non avevo idea che quell’anno rappresentasse una pietra miliare nella storia di molti Paesi, europei e non.
La voglia di cambiamento e la necessità di far valere i propri diritti si stava spargendo a macchia d’olio. E così abbiamo il maggio francese, la prima rivolta contro la “Grecia dei colonnelli”, la Primavera di Praga e l’invasione sovietica, la guerra del Vietnam e l’elezione di Nixon, le occupazioni studentesche a Roma e le parole di Pasolini. Abbiamo il sognatore per eccellenza, Martin Luther King, che proprio nel 1968 viene assassinato, così come Bob Kennedy.
Abbiamo da un lato il devastante terremoto della Valle del Berice, dall’altro gli ultimi respiri della famosa Dolce vita romana. C’è il primo ed unico campionato europeo vinto dall’Italia, ci sono le olimpiadi “dei pugni neri” in Messico, c’è la grande spinta tecnologica che porterà, nel 1969, allo sbarco sulla luna.
Il 1968, nonostante i suoi moti spontanei non siano andati tutti a buon fine, è stato l’anno dei sognatori, di chi osava pretendere un mondo migliore, di chi si è sacrificato per ottenerlo. 50 anni dopo, cos’è realmente cambiato? Siamo davvero più liberi? Forse sotto certi aspetti, ma non nel modo e nel mondo che quei sognatori si auguravano per le generazioni future. Ed allora è proprio nostro compito continuare a lottare per crearlo, quel mondo.
Sono molte le riflessioni che mi affollano la testa da quando ho avuto modo di visitare la mostra “Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo“, organizzata al Museo di Roma Trastevere da AGI Agenzia Italiana. L’esposizione fotografica e multimediale espone ed approfondisce gli avvenimenti di quell’anno, li analizza attraverso documenti dell’epoca e ne enfatizza l’importanza.
Se passate dalla capitale, non perdetevela per nessuna ragione al mondo. Oggi più che mai è importante riflettere, capire, e non dimenticare. Avete tempo fino al 2 settembre.
Non era mia intenzione tirare fuori un gigante da quasi 2500 parole.
L’idea di partenza era fare una lista degli eventi per il centenario in Repubblica Ceca, ma quando uno si perde nei suoi pensieri e si lascia trasportare, questo è il risultato. Dopotutto, uno dei miei obiettivi è far conoscere ogni aspetto di Praga e del resto del Paese anche al di là delle semplici indicazioni turistiche, e a posteriori credo che questo post fosse doveroso.
Il mio non è che un rapido excursus degli ultimi 100 anni, ci sarebbe tanto altro da dire ma non è questo il luogo. Spero però di avervi invogliato ad approfondire l’argomento perché, credetemi, la storia della piccola Cecoslovacchia merita di essere raccontata.
A costo di giocarmi la tua amicizia virtuale, devo ammettere che questo sentore che Praga abbia venduto l’anima al diavolo l’ho purtroppo un po’ avuto. Ho fatto l’errore di visitarla in piena estate quando era sia piena di turisti che di afa e questo non ha aiutato a farmela piacere. Ma alle torme di gente e al caldo si scappa uscendo presto la mattina e tardi la sera. Quell’altra cosa che mi ha fatto un po’ storcere il naso erano i souvenir completamente casuali venduti in ogni angolo del centro. La pelletteria fiorentina. I posacenere con le foglie di marijuana e la scritta “Amsterdam”. Le matrioske. Boh, un’accozzaglia di robe che con la Cechia o Praga avevano ben poco a che fare. Mi dava così tanto l’idea che stavano targetizzando quelli che si visitano *tutta* l’Europa in 10 giorni perché tanto da Praga ci passano tutti.
Mi è dispiaciuto perché quando fai così sei a un passo dal giocarti la tua identità. Anche solo quella da souvenir, ma è quell’identità di cui il visitatore poi fa memoria.
E non mi è piaciuto questo.
Non mi è piaciuta quella Praga, col caldo e troppa gente e i souvenir senza senso.
Però ho guardato oltre e mi sono portata a casa i miei ricordi di un castello bellissimo, lo smažený sýr e una signora che suonava il carillon sul Ponte Carlo. I posacenere per farsi le canne li ho lasciati là.
Eva, ci vorrebbe molto più di questo per giocarti la tua amicizia virtuale, te lo assicuro! Anche perché hai detto tutte cose giustissime, non posso non darti ragione su tutta la linea.
Quella dei souvenir in particolare mi fa venire l’orticaria, e l’ho già criticata un paio di volte anche qua sul blog. In quel lontano 2000 ricordo negozi zeppi di matrioske e finti colbacchi, e l’ingenua me quindicenne aveva pensato che ci poteva stare. La me quasi trentatreenne rabbrividisce invece, rabbrividisce nel passare per quei vicoli con centinaia di anni alle spalle accompagnata da melodie arabeggianti, rabbrividisce nel vedere che di autentico nel centro c’è rimasto davvero davvero poco, e devi andarlo a cercare con il lumicino.
Ma sai che c’è? Vedo che le orde di turisti se ne infischiano. Pensano a farsi le foto, a mangiare a buon prezzo, a bere il più possibile; senza magari nemmeno rendersi conto che l’ufficio di cambio di turno li stia truffando, o che ciò che hanno mangiato è tutto meno che tipico.
Il centro di Praga non è più nelle mani dei cechi da molto tempo, e per quanto ogni volta mi attiri a sè (cosa vuoi dirgli alla piazza, al ponte?), cerco sempre più spesso di concentrarmi sugli altri quartieri.
Ti consiglierei di tornarci in un’altra stagione meno affollata, ma ormai è super affollato tutto l’anno. Ma il poco di buono che è rimasto sei comunque riuscita a trovarlo, ti sei “salvata”. E non è roba da poco in quella giungla <3
E’ vero ciò che dice Eva però in tutta onestà l’ho superata subito quella fase e mi sono goduta Praga col naso all’insù: di una città (e di una capitale soprattutto) amo le architetture, le facciate, i ponti sui fiumi quando ci sono, gli accostamenti bislacchi fra passato e moderno e la storia che si respira su ogni singolo ciottolo…anche se a volte ci vorrebbe un cane da tartufo per annusare un po di sana storia! 😛 Sarà forse che alla turistaglia e al far west selvaggio dei souvenir ci siamo abituati anche noi da queste parti…per dirti mi è capitato di imbattermi in accostamenti archeologici/religiosi/politici/goliardici tutti sulla stessa bancarella! Detto questo penso che sia un bellissimo pezzo di storia questo tuo “gigante” da 2500 parole 😉
Praga ha l’immenso pregio di essere bella in alto quanto in basso in effetti, quindi una soluzione è proprio quella di stare col naso all’insù, hai ragionissima! Io la vivo non bene per il semplice fatto che quando ci ho abitato, era distante anni luce da adesso. I cechi in centro ce li trovi giusto per sbaglio, le piazze principali ormai sono “territorio di conquista straniero”.
Sui souvenir lasciamo stare va, sono andata di recente ad Assisi (Assisi, mica una basilica qualsiasi) e non c’è una statuina di San Francesco che non abbia accanto qualcosa di Harry Potter….
Daniela, grazie <3 tutto quello che scrivi mi apre sempre il cuore, ma l'ultima riga in particolare! Buona settimana :*