Idrija ed il patrimonio UNESCO legato al mercurio

Idrija, o Idria per dirlo all’italiana, è una piccola cittadina stretta in una vallata tra le colline della Carniola interna, da cui accarezza le Prealpi e si fa accarezzare dalla confluenza dei fiumi Idrjica e Nikova. Una cittadina molto, molto speciale.
Le sue dimensioni infatti sono inversamente proporzionali alla sua grandiosa storia, che a partire da fine ‘400 la vede diventare una delle capitali mondiali del mercurio. Nelle sue viscere sorge la seconda miniera (oggi non più attiva) più grande al mondo dopo quella spagnola di Almadén. Un patrimonio così importante da farle guadagnare un posto tra i siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Non solo: Idrija è rinomatissima per i suoi merletti, e per un piatto tipico che, primo in Slovenia, ha ricevuto il marchio di garanzia dalla Comunità Europea.
Se la cittadina è quello che è, nel bene o nel male lo deve però proprio al mercurio, un metallo che ha sempre affascinato l’uomo per il suo essere straordinariamente liquido a temperatura ambiente. E che ha fatto parte della nostra vita quotidiana fin non troppo tempo fa.

Da paesello di poche anime a centro minerario di fama mondiale

Il destino di Idrija cambia per sempre nel 1490, quando un fabbricante di secchi, nel lavare i suoi strumenti nei pressi di una sorgente, nota una sostanza sconosciuta, incandescente pure dentro l’acqua, simile all’argento vivo. L’emozione dello škafar è talmente forte che ben presto tutto il villaggio, che basa la sua economia su agricoltura e pastorizia, ne viene a conoscenza. Passano appena otto anni perché si trasformi nella città mineraria più antica della Slovenia. Si scopre che il metallo è presente, caso più unico che raro a livello mondiale, sia nella sua forma liquida che solida, sotto forma di cinabro. È così che un gran numero lavoratori di grandi speranze arrivano da tutto il Paese e da oltre confine, seppur ben presto ci si renda conto che l’attività sia più rischiosa di quanto si possa pensare.

Ciò non impedisce ad Idrija di fiorire, trasformandosi nel centro più importante della Carniola dietro solo alla capitale Lubiana. Sorgono scuole, edifici pubblici e privati, un teatro, addirittura un castello, quello di Gewerkenegg, che funge da sede amministrativa della miniera. Come spesso succede, a beneficiare davvero della situazione sono però in pochi. L’aspettativa di vita dei minatori, privi di qualsiasi protezione, difficilmente supera i 40 anni; il lavoro massacrante li uccide lentamente senza regalargli nemmeno la soddisfazione di permettersi una casa propria, tanto che spesso intere famiglie vengono stipate in tipiche casone dal tetto appuntito e con tante finestre, “per dare l’idea che fossero più grandi” ci spiega la nostra guida.

patrimonio-mineario-unesco-idrija-castello-gewerkenegg-berightback

La chiusura della miniera e il riconoscimento Unesco

Fino alla prima guerra mondiale, la miniera di mercurio di Idrija è una delle tecnicamente meglio equipaggiate d’Europa, tanto che al suo interno si registrano soltanto due incidenti degni di nota in 500 anni di attività. Attività che vede un arresto, almeno sulla carta, nel 1986 per ragioni commerciali, ecologiche e geologiche: nonostante tutti i piani inferiori dei 15 esistenti, per un percorso di ben 700km, siano stati man mano chiusi e le gallerie riempite prima di terra e poi di cemento, la città a lungo andare rischierebbe di ripiegarsi su se stessa (già si muove di circa 1cm l’anno, mica noccioline); soprattutto, la nocività del mercurio è ormai fatto ben noto, ed in tutti i campi è stato trovato un sostituto.

I battenti chiudono ufficialmente nel 1995, pur lasciando la possibilità di accesso alle gallerie più superficiali ai turisti, grazie ad un museo unico nel suo genere. Si continua poi a monitorare la situazione nel sottosuolo, causa stabilità ed inquinamento. La riserva di mercurio non si è certo esaurita, ma non c’è ragione per tornare laggiù. Il riconoscimento supremo da parte dell’Unesco arriva nel 2012 e coinvolge l’intero patrimonio minerario di Idrija.

antonijev-rov-ingresso-miniere-museo-mercurio-idrija-berightback

La miniera di mercurio di Idrija e la Galleria di Antonio

I siti patrimonio Unesco hanno sempre un forte richiamo sulla sottoscritta. La Slovenia poi ci aveva già abituato “male” con le grotte di San Canziano, una delle esperienze a contatto con la natura più belle mai fatte. Così Idrija era finita sotto il radar già da tempo, anche grazie alla possibilità di visitarla come escursione giornaliera da Lubiana. Le aspettative? Ampiamente superate!

Visita alla miniera/museo -> prima di scendere nel sottosuolo

Capitiamo ad Idija in una calda domenica di fine giugno, pochi giorni dopo la riapertura del confine sloveno post emergenza Covid-19.
Il percorso per raggiungerla è un susseguirsi di tornanti immersi nei boschi, con qualche paesello qua e là a rendere il panorama ancora più interessante. Contrariamente a quanto credessi, non stiamo salendo ma scendendo, e continuiamo a scendere finché non ci troviamo all’ingresso della cittadina, dove la strada quasi si fonde col fiume Idrijca. È semplice orientarsi, tanto che basta girare a sinistra alla confluenza con la piccola Nikova e proseguire per appena 500 metri per  scovare la Galleria di Antonio, ovvero l’ingresso alle miniere e museo del mercurio di Idrija.

Abbiamo la fortuna di essere gli unici visitatori della Antonijev Rov del turno delle 15 che, come da prassi, inizia nella sala dove i minatori si radunavano ogni mattina prima di scendere nelle viscere della terra. Dopo un interessante video introduttivo, la guida ci fa indossare un casco ed un giaccone, visto che la temperatura all’interno si aggira intorno ai 13°. Non possiamo però accedere senza prima augurarci a vicenda srečno, buona fortuna, il saluto tradizionale dei rudarji.

E di fortuna ne avevano bisogno, eccome. Sebbene non ci siano stati grossi incidenti, se non in rari casi, lavorare nel sottosuolo, senza vedere praticamente mai la luce del sole e privi di protezioni fino agli anni ’80 del Novecento, con un’aspettativa di vita bassissima, non era certo un piacere. Tanto che, per darsi coraggio e chiedere un’ultima piccola grazia prima di scendere anche fino a 400 metri, la prima ed ultima tappa della giornata per i minatori era la cappella della Santa Trinità, scavata nella roccia.

antonijev-rov-ingresso-miniere-mercurio-idrija-srecno-buona-fortuna-berightback

Le gallerie e le tecniche di estrazione

Nei circa 1200 metri di gallerie aperti al pubblico, si cerca di mostrare al visitatore lo sviluppo delle tecniche di estrazione mineraria, che hanno la loro origine in piccoli cunicoli nei quali bisognava infilarsi camminando sulle ginocchia e dai quali si estraeva il mercurio allo stato solido in semplici secchi di legno. Sono dei manichini dalle sembianze di minatori i protagonisti, anche se ciò a cui bisogna davvero prestare attenzione è il Perkmandlc, uno gnomo che da secoli si aggira nelle viscere della terra con lo scopo fare scherzi ai poveri rudarji, ed in mancanza di altro di spaventare noi…

Con il passare dei secoli, si assiste a metodi sempre più avanzati, che mirano a limitare (per quanto possibile) lo sforzo dei lavoratori. Dal piccone agli esplosivi, dal secchio al cavallo, a carri su rotaie. L’innovazione minore riguarda le protezioni, praticamente inesistenti fino a poco prima della chiusura definitiva; ok il casco, ma niente che facesse da scudo a faccia, orecchie, mani. Non dimentichiamoci che il mercurio, nelle viscere di Idrija, era ed è ancora presente sia in forma solida che liquida, veleno allo stato puro se lasciato “libero”. Io, lo ammetto, sono rimasta affascinata dalle teche in cui è possibile vederlo scorrere spesso agglomerato in quelle “palline” che da piccolini abbiamo visto un po’ tutti. O non vorrai dirmi che sono l’unica che rompeva termometri??

Molto interessanti per capire come si viveva nel sottosuolo di Idrija gli effetti sonori messi in moto dalla guida, a simulare il continuo inquinamento acustico che, tra le altre cose, subivano i minatori. Il bellissimo tour si chiude con una sfacchinata da 100 gradini che portano alla cappella, nulla in confronto ai 1000 che dovevano farsi cinque secoli fa, quando si scavava nei più profondi dei 15 piani di cunicoli e gallerie. A proposito, all’ingresso di Antonijev Rov c’è un modellino tridimensionale che ricostruisce i vari strati, riconoscibili a seconda del colore; le didascalie aiutano ad orientarsi con la profondità e il momento storico in cui sono stati scavati. Piccola curiosità: il nome della galleria è dedicato a Sant’Antonio da Padova, protettore dei minatori.

miniera-mercurio-idrija-ricostruzione-prime-gallerie-basse-berightback

Visitare le miniere di mercurio di Idrija: informazioni pratiche, orari di apertura, ingresso

La Galleria di Antonio è aperta tutto l’anno, sebbene a gennaio e febbraio si effettuino tour guidati solo nei fine settimana e nei giorni festivi. A luglio ed agosto sono ben 5 i tour giornalieri assicurati (alle 10/12/13/15/16). Per controllare il calendario completo ti consiglio di visitare il sito ufficiale delle miniere di Idrija.

La visita dura circa 1 ora e 30 minuti, durante la quale si percorrono 1200 metri. È possibile farla in sloveno, inglese, italiano e tedesco. Si consiglia di indossare scarpe adatte, in quanto il pavimento è scivoloso e spesso bagnato, nonostante l’acqua venga pompata fuori regolarmente. Indossare casco e giaccone è obbligatorio per ragioni di sicurezza.

Il costo per ingresso intero è di 13€, ridotto 10€, per i bambini 6€ o 2€ a seconda dell’età. È possibile acquistare un biglietto cumulativo che include anche la fonderia di mercurio (18€ intero). Infine, c’è un piccolo parcheggio proprio di fianco all’ingresso, che tuttavia si riempie molto velocemente; fortuna che il centro di Idrija è molto vicino a piedi, e ci sono altre possibilità a massimo 5 minuti di distanza.

Topilnica Hg, la fonderia di Idrija

Estrarre il mercurio dalle miniere non era che una parte del lavoro. Per essere venduto, il metallo contenuto nelle rocce di cinabro doveva venire fuso in appositi forni e confezionato in speciali bottiglie. E qui entra in gioco l’ultima arrivata, se così vogliamo chiamarla, del patrimonio di Idrija legato al mercurio: la fonderia Hg. L’accesso al complesso è possibile dal 2017, anno in cui è stato completato il massiccio (e costosissimo) lavoro di recupero dell’area industriale, che allo stesso tempo è stata modernizzata e resa interattiva.

La visita, per la quale occorre un’ora e mezzo circa, si divide tra tre ambienti principali: la zona di lavoro vera e propria, dove il mercurio veniva ricevuto, smistato e fuso; un museo interattivo che illustra la storia del mercurio ad Idrija, chi lo lavorava e come; un altro piccolo museo che espone tutti gli usi del metallo nei secoli, inclusi quelli in medicina.

fonderia-mercurio-idrija-topilnica-hg-berightback

Dallo stato solido a quello liquido: la fonderia

All’ingresso della fonderia, di cui ci troviamo ad essere di nuovo gli unici visitatori, ci accoglie un omone (non c’è da stupirsi, gli sloveni sono tra i più alti al mondo) dalla faccia simpatica e la battuta sempre pronta. Immagina la mia, di faccia, quando al nostro “veniamo dalla Toscana” ci sentiamo chiedere “Abbadia”? Ehm… come lo sa??? Scopriamo subito l’arcano: ad Abbadia San Salvatore, sul monte Amiata, esisteva un’importante miniera di mercurio che acquistava forni da Idrija. Non la nostra di Abbadia, benché non così distante.

Superato il piccolo shock iniziale, seguiamo la guida/tuttofare attraverso una porta scorrevole e poi su un ascensore che ci porta nella parte alta della fonderia. Dopo aver ascoltato qualche aneddoto e visto un breve video su come si lavorava al suo interno, veniamo portati nell’antica zona di scarico, dove ci sono cavi e meccanismi arrugginiti: i minerali per diversi anni prima della chiusura  erano trasportati all’interno di secchi che viaggiavano su funivia. Una volta raggiunta la destinazione, venivano scaricati e gettati all’interno di macchine che si occupavano di dividere il cinabro a seconda della quantità di mercurio contenuta, prima di essere fatti a piccoli pezzi e smistati per essere fusi.

Da quella che oggi è di fatto una finestra panoramica possiamo ammirare la cima della collina che ospita la piccola chiesa di Sant’Antonio, accanto alla quale si snoda una breve ma piuttosto ripida via crucis. Dagli alberi sbucano anche altri edifici, tra cui uno degli istituti psichiatrici più famosi di Slovenia. Perché qui? Bè, l’avvelenamento da mercurio causa, tra le altre cose, forti squilibri mentali.

Cos’è il mercurio, dove si trova, come si fonde: il museo

La visita al complesso inizia (e parzialmente è stato così anche per noi) dal piccolo museo che mostra le caratteristiche del mercurio e la sua storia in relazione alla città di Idrija. Prendere in mano una roccia semplice ed una dal colore rossastro, quindi ricca di mercurio, è stato un altro piccolo shock, in quanto la seconda ha un peso specifico di gran lunga maggiore per via del metallo contenuto. Basti pensare che le bottiglie da 2,20lt nelle quali veniva venduto pesano ciascuna la bellezza di 34 chili.

A proposito di numeri, in 500 anni di attività:

  • 12.800.000 tonnellate di cinabro sono state estratte dalle miniere;
  • 144.800 tonnellate di mercurio erano custodite all’interno del suddetto cinabro;
  • 1350 minatori lavoravano tra miniera e fonderia nell’anno dei record, il 1913. La ragione? Fornire l’industria bellica;
  • 74$ è il prezzo più basso per una bottiglia di mercurio della storia, raggiunto nel 1976 a seguito di veri e propri disastri ambientali;
  • 880$ è invece il prezzo più alto a bottiglia (se non si considera quello attuale, pari a 3.750$).  Siamo nel 1968 ed il metallo è impiegato in agricoltura e nella produzione di plastica;
  • 107.700 tonnellate di mercurio (il 13% della produzione mondiale), pari a 3.132.000 bottiglie, sono state vendute;
  • 37.100 tonnellate di mercurio sono state disperse, ahinoi, nell’ambiente.

Tosto, quest’ultimo dato. D’altra parte, prima di riuscire a perfezionare i metodi per la fusione ci sono voluti secoli, e nel frattempo il metallo è evaporato o è rimasto intrappolato nelle rocce, che alla fine del processo venivano spesso gettate nel fiume Idrijca. La fornace spagnola aludel fa la sua comparsa solo nel 1751, la fornace Čermak-Špirek, dal nome dei due ingegneri cechi suoi inventori e così geniale da venire poi esportata, è datata 1886. C’è da aggiungere che il cinabro con la più alta concentrazione di mercurio era quello estratto dal ‘500 a fine ‘700, ovvero di pari passo con le perdite maggiori.

I molteplici ruoli del mercurio nel corso dei secoli

L’ultima parte è anche la più interattiva, e mostra come ed in quali campi (moltissimi) veniva impiegato il mercurio. Si parte con i classici termometri/barometri, in cui l’aumento di calore porta ad un aumento di volume del metallo. Si passa attraverso l’estrazione dell’argento e dell’oro nell’America Latina da parte dei conquistadores spagnoli, per arrivare ai componenti delle batterie e degli esplosivi e pure, che meraviglia, alle otturazioni dentali.
In particolar modo, è forse proprio la medicina a farne l’uso più largo: una fialetta a base di mercurio era contenuta nei kit di primo soccorso (!!!), ed il velenosissimo liquido veniva somministrato per curare malattie come la meningite e la sifilide. Della serie, come si dice dalle mie parti, “battere il rotto con lo strappato”.

Idrija oltre il mercurio: merletti e žlikrofi

Al mercurio è legata una delle eccellenze per cui Idrija è conosciuta a livello mondiale: i merletti.
Se ti stai chiedendo cosa c’entrino l’uno con l’altro, è presto detto. I minatori spendevano gran parte delle giornate delle loro brevi vite nel sottosuolo, con le mogli a casa ad aspettarli. Di certo non con le mani in mano! L’attesa era infatti ingannata dalla lavorazione del cosiddetto merletto a tombolo, di una qualità tale da essersi meritato l’ingresso tra i patrimoni immateriali dell’Unesco. Arte questa in continua evoluzione, tramandata di generazione in generazione grazie alla scuola del Merletto di Idrija, fondata nel 1876. Per chi vuole conoscerne la storia in modo più approfondito, il museo civico della città, con sede nel castello di Gewerkenegg, ospita la mostra permanente “Il merletto di Idrija – una storia scritta con il filo”.

A chiudere il cerchio, non poteva certo mancare un’eccellenza gastronomica. Questa in particolare può addirittura fregiarsi del titolo di specialità tradizionale garantita dall’Unione Europea, prima in Slovenia. Sto parlando degli žlikrofi di Idrija, chi altri! Gli Idrijski žlikrofi altro non sono che una pasta ripiena a forma di cappello (pare ispirata al cappello di Napoleone) con un impasto di patate ed erbe, anche se ogni famiglia pare avere la propria ricetta segreta. Vengono serviti o come primo piatto, e conditi spesso con ragù di carne belli sostanziosi, o come contorno per arrosti e gulaš.
Noi li abbiamo provati su graditissimo consiglio di Sara e Carlo del blog Slovely e ce ne siamo pappati un piattone alla Gostišče Barbara, una trattoria che si trova proprio sopra la Galleria di Antonio. Avevano l’opzione col tartufo e non ho potuto resistere. Gran piatto!!

idrijski-zlikrofi-piatto-tipico-idria-slovenia-berightback

Articolo scritto in collaborazione con CUD Hg Idrija, che ringraziamo ancora una volta per gli ingressi gratuiti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

div#stuning-header .dfd-stuning-header-bg-container {background-image: url(https://www.berightback.it/wp-content/uploads/2020/08/idrija-patrimonio-mercurio-unesco-slovenia-simbolo-metallo-berightback.jpg);background-color: #2ac8e0;background-size: cover;background-position: center bottom;background-attachment: fixed;background-repeat: no-repeat;}#stuning-header div.page-title-inner {min-height: 300px;}div#stuning-header .dfd-stuning-header-bg-container.dfd_stun_header_vertical_parallax {-webkit-transform: -webkit-translate3d(0,0,0) !important;-moz-transform: -moz-translate3d(0,0,0) !important;-ms-transform: -ms-translate3d(0,0,0) !important;-o-transform: -o-translate3d(0,0,0) !important;transform: translate3d(0,0,0) !important;}#main-content .dfd-content-wrap {margin: 0px;} #main-content .dfd-content-wrap > article {padding: 0px;}@media only screen and (min-width: 1101px) {#layout.dfd-portfolio-loop > .row.full-width > .blog-section.no-sidebars,#layout.dfd-gallery-loop > .row.full-width > .blog-section.no-sidebars {padding: 0 0px;}#layout.dfd-portfolio-loop > .row.full-width > .blog-section.no-sidebars > #main-content > .dfd-content-wrap:first-child,#layout.dfd-gallery-loop > .row.full-width > .blog-section.no-sidebars > #main-content > .dfd-content-wrap:first-child {border-top: 0px solid transparent; border-bottom: 0px solid transparent;}#layout.dfd-portfolio-loop > .row.full-width #right-sidebar,#layout.dfd-gallery-loop > .row.full-width #right-sidebar {padding-top: 0px;padding-bottom: 0px;}#layout.dfd-portfolio-loop > .row.full-width > .blog-section.no-sidebars .sort-panel,#layout.dfd-gallery-loop > .row.full-width > .blog-section.no-sidebars .sort-panel {margin-left: -0px;margin-right: -0px;}}#layout .dfd-content-wrap.layout-side-image,#layout > .row.full-width .dfd-content-wrap.layout-side-image {margin-left: 0;margin-right: 0;}

Scopri di più da *BeRightBack

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere